Prendo spunto dalla mia partecipazione (assieme a due amiche, Carla Avola e Sabina Ferrari, con cui ho formato la squadra chiamata: “I Sinistri” ) al quiz show di Rai 1: Reazione a Catena, condotto dal bravissimo Pino Insegno. Quello che tutti hanno visto è che abbiamo vinto due puntate, accumulato 79.000 euro e consentito alla Sardegna di piazzarsi al terzo posto nella graduatoria delle vincite complessive, dietro Lombardia e Friuli. Ma questa è solo una parte della partita, quella esterna….
C’era però un’altra partita, altrettanto importante, che nessuno ha visto, ma assai più problematica da disputare: la battaglia interna. Ho sempre adorato Reazione a Catena, e da tempo desideravo partecipare al programma. Quando è stato riaperto il casting, ho quindi inviato la domanda senza indugi e con molta speranza. Avevo però sottovalutato la parte di me che preferisce mantenere un low profile, che non vuole le luci della ribalta, che preferisce la tranquillità ai riflettori. Questa parte di me è stata letteralmente zittita, quasi soffocata, tramortita dalla parte che da anni desiderava partecipare al programma e finalmente vedeva profilarsi all’orizzonte una possibile chiamata.
Non trovando altro modo di ricevere da me udienza, la parte riservata si è fatta risentire il giorno della selezione, attraverso una congiuntivite che mi ha impedito perfino di aprire gli occhi, e che stava per compromettere addirittura la mia partecipazione alle selezioni. Finito il provino, magicamente, la congiuntivite scomparve…
Ma un problema non risolto prima o poi si ripresenta, e la mia parte che non voleva le luci della ribalta si è rifatta sentire, scegliendo il momento più propizio per farsi notare (la notte prima della partita, nell’albergo di Napoli) e la solita modalità (la congiuntivite, questa volta più accentuata).
Dopo una marea di vane imprecazioni e recriminazioni, decido di cambiare strategia e far parlare la mia parte che non voleva partecipare al programma, ascoltandola attentamente e senza interromperla. Trascorro una notte insonne, allerto della situazione le mie due compagne di squadra, di fatto togliendo il sonno anche a loro. Inizia una contrattazione tra le mie parti ed una serie di promesse reciproche. La situazione cambia radicalmente quando “accetto” il punto di vista della mia parte che non vuole partecipare al programma e ne comprendo le ragioni.
Alla fine, dopo tante mediazioni, trovo un accordo. La mia parte riservata dà il suo assenso, ma ancora non si fida totalmente. Un occhio può ricominciare a vedere un po’ di luce, accetta la lente a contatto, l’altro rimane totalmente infiammato, ma almeno riesco ad aprirlo. Il sole sorge, gli studi Rai arrivano, registro due puntate praticamente vedendo dal solo occhio destro, con il sinistro rosso e del tutto inutilizzabile.
Al termine delle registrazioni, naturalmente, la congiuntivite scompare. Le promesse sono state fatte e verranno mantenute. Per tutti queste saranno solo coincidenze, solo io so che tali non sono. Di questa enorme battaglia interna, vinta con le armi dell’accoglienza e dell’ascolto, nessuno saprà mai niente. Nessuno, tranne le mie due meravigliose compagne di viaggio, che hanno sopportato tutto questo e registrato due puntate senza aver dormito e senza risentirne.
Combattere le minoranze interne significa prima o poi soccombere sotto i loro colpi. Accoglierle ed onorare il loro punto di vista, ci consente di trovare una terza posizione in grado di garantirci due alleati e nessun nemico.
Antonio Palmas
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