Mi è capitato, alcuni giorni fa, di leggere una bella intervista ad Arrigo Sacchi, pubblicata su Repubblica (1).
Il famoso allenatore parla della sua lunga lotta con l’ansia legata alla Perfezione, che ha sempre accompagnato i suoi successi, i suoi abbandoni, le sue scelte. La scelta attuale è di sospendere gli incarichi e dedicarsi maggiormente alla famiglia, riposandosi da questo “tarlo” che lo ha divorato da dentro nei lunghi decenni della sua intensa attività.
Come dice bene, Sacchi! Un aspetto interiore potente come il Perfezionista può essere un alleato, ma anche un nemico implacabile, che non abbandona mai il campo, neppure la notte, neppure in vacanza. Nessun successo è mai abbastanza perfetto, nessuna scelta è mai completa; tutto è migliorabile, perfettibile appunto, per cui si può sempre pensare di più, fare di più, pensare meglio, fare meglio.
Apprezzo il coraggio di Arrigo Sacchi, che si apre a parlare di sé, della sua vita, dei sensi di colpa verso la famiglia trascurata per il lavoro, del desiderio di recuperare una dimensione di vita più equilibrata e umana, della dimensione degli affetti.
So, dai tanti colloqui di counseling e coaching, quanto forte possa essere questo sé interiore, non solo in personaggi di successo e visibilità come il noto allenatore, ma anche in persone che fanno lavori meno impegnativi o perfino in casalinghe che riescono a farsi schiacciare da questo Aspetto senza che vi siano, al di fuori, i corrispettivi segni di un importante successo professionale o di altra natura. Sono anzi sicura che in certi casi proprio l’eccessiva invadenza del tarlo perfezionista getta la persona in uno stato di stress o depressione tale che la riuscita lavorativa o di studio ne esce compromessa. Persone con talenti notevoli si sono lasciate invadere da questo Aspetto interiore, fino a rinunciare a carriere promettenti, accontentandosi di professioni meno visibili. C’è anche chi, come Sacchi, accetta la sfida e va avanti, pagando però con uno stress logorante, così logorante da doversi fermare, a un certo punto. Come dice bene l’allenatore: “Alla lunga il logorio non perdona, e se ti senti vuoto non puoi riempire gli altri”. Il tarlo lavora sempre; per quanta esperienza tu accumuli, lui trova sempre aree di miglioramento.
Il punto di forza consiste nel trovare energie, aspetti interiori, che siano riequilibranti rispetto al perfezionismo, sapendoli “richiamare” in modo da gestire sia il bisogno di perfezione che la capacità di “fermare” questa spinta, che quando travolge diventa essa stessa un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi. Gli aspetti riequilibranti, in genere, hanno a che fare con la capacità di “essere”, di accogliere, di respirare, di accogliere anche i limiti, di saper ridere e sorridere. Un buon senso dell’umorismo aiuta. Aiuta, anche, il contatto con il mondo bambino. Mi commuove, qui, l’immagine di Sacchi, ora nonno, che dorme due ore accanto alla nipotina di due anni e mezzo. Eccolo, un antidoto meraviglioso allo stress da perfezionismo! Una creaturina morbida e fiduciosa che respira al tuo fianco, col respiro pieno e limpido dei bambini, e che quando ti guarda ha gli occhi chiari di meraviglia e stupore…
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