“Oggi in psicoterapia va di moda il bambino interiore. In questo consiste la terapia – si torna indietro fino all’infanzia. Ma se si guarda indietro, non si guarda intorno.”
Queste sono parole di James Hillman che, nel suo libro “Cent’anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio” critica con molta lucidità quello che chiama il “mito” del bambino interiore. E debbo dire che in parte sono d’accordo con lui, anche se nel modello che utilizzo il concetto di bambino interiore – e della sua sensibilità – è centrale. Come è possibile considerare giuste entrambe le posizioni?
Prima di tutto parto dalla mia esperienza: ho intervistato centinaia di “bambini dimenticati” che emergono dagli adulti, quando si usano le tecniche della Dinamica dei sé. Sono veri, assolutamente veri. Commuovono, stupiscono, fanno riflettere. Le loro parole sono, per la persona, uno schiaffo, una carezza, un consiglio prezioso e una risata argentina. Nessuno, dopo aver sperimentato il Dialogo, dubita della autenticità del suo bambino interno: quando è “entrato” in quel mondo, le sue sensazioni sono cambiate, si è sentito piccolo, la percezione del tempo è cambiata, i mobili intorno gli sono sembrati enormi, ha avuto bisogno di nascondersi oppure ha ritrovato una voglia di giocare che aveva completamente dimenticato. Dunque, non mito ma realtà.
Al tempo stesso è vero che un eccesso di ascolto del bambino, un rivoltare il passato analiticamente, per tempi lunghi, è una fatica e spesso un rischio. Come è un rischio che questo avvenga a un livello mentale, ovvero un “parlare di” piuttosto che un “essere”. In questi casi il rischio è davvero, come dice Hillman, di guardarsi indietro e di non guardarsi intorno.
Quando impariamo a riconnetterci con il bambino interno e in particolare con il bambino sensibile, vulnerabile, quando impariamo a prendercene cura consciamente, la ricompensa è davvero grande.
- Si può avere poca empatia verso gli altri, fino a diventare insensibili alla sofferenza altrui.
- Si può fare fatica a instaurare relazioni veramente intime, perché è il bambino che ci connette agli altri in modo autentico.
- Si può soffrire di attacchi di panico e di ansia.
- Si possono giudicare le persone vulnerabili e sentirsi incapaci di rapportarsi a esse.
- Oppure: se il sistema primario è di tipo protettivo, accudente, accogliente, si possono magneticamente attirare persone vulnerabili nella nostra vita, con il rischio di proteggerle anche in modi esagerati – e continuando a trascurare il “nostro” bambino dimenticato.
Tutto questo accade quando sono gli aspetti dominanti di potere a gestire la personalità: loro temono che, se si contatta la sensibilità, diventeremo persone troppo esposte, vulnerabili e vittime degli altri. In realtà è proprio l’opposto: è contattando e proteggendo la sensibilità nascosta che diventiamo meno vulnerabili! E questo è un paradosso che si può gestire solo dal centro, dall’Io Cosciente. Insomma, si diventa più forti, in realtà. Perché saremo consapevolmente responsabili del nostro mondo sensibile, il che vuol dire che conosceremo i bisogni del bambino/a e ce ne prenderemo cura.
Ricordo una donna, Debora, che venne da me molti anni fa. Era una cantante lirica; spesso veniva assalita da attacchi di panico prima di entrare in scena. Non aveva alcun contatto con la sua bambina interna; tra i suoi aspetti primari, un formidabile Perfezionista che si dava da fare con grande zelo per renderla, appunto, perfetta. Questa parte non avrebbe mai potuto fare una carezza, dire una parola di conforto alla bambina, quando si sentiva terrorizzata. Anzi; un vero Perfezionista non tollera queste “smancerie”, “baggianate” – ecco alcune delle parole che possono essere usate dagli aspetti di potere rispetto ai timori bambini.
Quando il bambino è riconosciuto e accudito, il rapporto con il mondo e con gli altri può davvero cambiare. Come diceva Lucia Capacchione, art therapist e facilitatrice: “Non è mai troppo tardi per avere un’infanzia felice!”.
In una prossima nota alcuni suggerimenti per acquisire più consapevolezza del tuo bambino dimenticato.
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