Ego… e bastonato! – Franca Errani

da | Mag 20, 2015 | Blog, Articoli | 0 commenti

Come mai la parola “ego” è diventata così negativa? Ma è giusto, trattare l’ego in questo modo? Cosa stiamo perdendo?

 

Scrivo queste pagine con il vivo desiderio di riabilitare la parola “ego” (cioè io) e di riflettere insieme su come la distorsione di questo concetto sia non di aiuto ma di ostacolo alla consapevolezza e all’evoluzione di coscienza che perseguiamo.Oggi è diventato di moda. Lo si sente nei salotti, lo si legge nella posta del cuore ma anche in articoli di rilievo. Spesso è un commento veloce: “aAh, certo, con il grande ego che ha!”. “Ha un ego spropositato”. “E’ tutta una trappola dell’ego”. “E’ invischiato in un gioco dell’ego”. Oppure su se stessi: “dovrei veramente liberarmi del mio ego”.

“Se solo potessi bruciare il mio ego”. “L’ego è l’unico ostacolo alla mia evoluzione”.

Che cosa vuol dire?

Questa paroletta, bastonata e appiccicata con disprezzo ai nostri comportamenti umani, ai più svariati, ha perso qualunque senso positivo, costruttivo o sano. E’ tutta colpa dell’ego! Frutto di una spiritualità duale, che divide da millenni il bene dal male, la luce dall’ombra, l’alto dal basso, l’ego è ruzzolato sempre più giù lungo le scale di cantina, a identificare appunto tutti gli aspetti negativi, meschini, ipertrofici, paurosi o altro del genere umano. Di me, di te. Avvolto da una raffica di frettoloso giudizio, l’ego è diventato un’etichetta, un facile modo per definire qualcuno – che sta facendo qualcosa che non ci piace. Come è facile dire di qualcuno: “cosa puoi aspettarti da lui/lei? Con l’ego smisurato che ha…”… e in questo modo liquidare la situazione, appiccicare la colpa da qualche parte e … andare avanti senza interrogarsi.

Vorrei difendere l’ego. Quello che tutti abbiamo e dobbiamo avere, per poterci muovere nel mondo. Dentro la parola ego, così rotonda, breve e piena di lividi, ci sono PARTI di noi stessi: aspetti che si sono attivati per proteggerci dal mondo quando eravamo troppo piccoli e indifesi per poterlo fare in altro modo. Noi, nel Voice Dialogue, li chiamiamo Aspetti dominanti, o sé primari, e abbiamo un grande rispetto per questo loro ruolo.

(Leggi anche: https://www.innerteam.it/tag/egonegativo/)

Questo non vuol dire che un sé primario non abbia bisogno di essere trasformato, perché ha preso troppo spazio e ci soffoca dentro le sue regole: ma occorre partire dal rispetto, occorre imparare ad onorare quello che è stato fatto, perché affonda nel nostro mondo sensibile, nel tentativo di proteggere la nostra vulnerabilità.

Un ostacolo alla nostra evoluzione?

L’ego, quindi, non è da combattere, offendere, mettere da parte; non è un “ostacolo alla nostra evoluzione”. E’ da riconoscere, abbracciare, onorare per quello che ha fatto. Il problema è che dicendo “ego”, liquidandolo con un’unica parola ormai carica di negatività, perdiamo tutta la raffinata complessità di questo straordinario mondo che appartiene di buon diritto alla nostra psiche. Perdiamo la capacità di comprendere cosa esattamente stiamo dicendo, quando giudichiamo qualcuno per avere un “ego smisurato… o negativo… o ….”; cosa tutto questo ha a che fare con noi stessi, e soprattutto come “lavorare” sui temi che ci hanno così turbato. Perché ogni volta che diciamo, di noi o di altri, che ha un ego così….. , siamo mossi da un disagio, da una emozione che ci tocca direttamente.

La parola ego è un contenitore multiforme, una specie di Proteo inafferrabile, quando lo definiamo appunto “in toto”. In realtà usiamo questa parola per cercare di sbarazzarci di qualcosa che non ci piace, e che vediamo nell’altro o in noi stessi. In sostanza, stiamo giudicando uno o più Aspetti psichici che abbiamo soffocato o rinnegato quando eravamo bambini. Può trattarsi dell’arroganza, dell’egoismo, dell’espansività, del menefreghismo o del controllo… infatti ognuno di noi crescendo ha messo da parte alcuni Aspetti, a favore di altri, con cui siamo identificati e che ci fanno sentire comodi. Se abbiamo fatto dei percorsi di crescita, può essere che anche le nostre vecchie  identificazioni finiscano per essere giudicate “ego”: siamo stati troppo nel controllo (e ora vogliamo imparare a fluire nella vita), oppure siamo stati troppo razionali (e ora vogliamo scoprire la nostra intuizione); siamo stati troppo cauti (e ora vogliamo scoprire la fiducia nell’Universo)… e così via. Siamo spinti a pensare di essere “intrappolati nell’ego”, che ora vogliamo vedere la luce alla fine del tunnel, senza renderci conto che ci stiamo intrappolando… in altre zone dell’ego!

La “psicospiritualità della Luce”

Dall’Illuminismo in avanti, la nostra passione è stata la luce. Si è così andata creando una psicospiritualità della luce” che oggi domina il pensiero e tanti dei percorsi che sono cresciuti in questo ambito. Tutto quello che ha anche solo una lieve sfumatura di “nero” finisce nel calderone dell’ego. E, mi spiace dirlo, finisce per fare del danno. Perché la fretta di liberarsi del buio (di quello che viene definito tale) per andare verso la luce (quella che viene definita tale) non fa bene all’anima. Non fa bene ai nostri sé, che, in parte, si sono plasmati attorno all’ego, un ego operativo se vogliamo, che quindi “opera” nel mondo per come può… e che ha bisogno del nostro aiuto, della nostra stima e non del nostro disprezzo!

Cosa accade, quando l’ego viene “sfogliato” nelle sue componenti, passo dopo passo, sé dopo sé, andando “dentro” a questi Aspetti, risalendo la corrente della loro storia, che non è solo personale, ma anche famigliare, collettiva, e perfino transpersonale? Restando connessi al filo di un sé (primario o rinnegato che sia) possiamo fare scoperte straordinarie, che non avremmo fatto se lo avessimo liquidato come un ego da buttare. Possiamo piangere, ridere, commuoverci; possiamo tremare di paura o ergerci pieni di coraggio e ispirazione, possiamo scoprire segreti, incontrare episodi e persone lontane nel tempo, possiamo sforare in altre vite – che poi siano state vissute realmente, o siano un regno psichico, che importanza ha? Tutti questi sono doni dell’ego, che finalmente si rilassa e ci permette un accesso più ampio ai territori dell’anima. Ma ego e anima non sono nemici, e non sono contrapposti…

L’occasione mancata…

Le persone che hanno sperimentato il Voice Dialogue conoscono questo misterioso processo, e hanno imparato a rispettare l’ego. A non parlarne male. A non offenderlo né in sé stessi e neppure negli altri. E’ doloroso, per me, sentire qualcuno liquidare il comportamento di un’altra persona attraverso la diagnosi frettolosa e ingiusta: “Tutta colpa del suo ego smisurato”. Ci vedo un’occasione mancata, un incontro perduto, uno stimolo della psiche che viene mal interpretato e mal usato. Per non parlare di quando lo applichiamo a noi stessi, con lo scopo di liberarci in tutta fretta per andare verso la luce, come se fosse un altrove…, tagliando così pezzi d’anima in noi stessi e negli altri.

Ovviamente, non sto dicendo che non ci siano parti, in noi stessi e negli altri, che non hanno bisogno di trasformazione. Basta guardarsi intorno per vedere come il mondo abbia un bisogno straordinario di trasformazione e di riscatto! Le distorsioni sono clamorose e sotto gli occhi di tutti.

Voglio sottolineare, però, qualcosa che per me è molto importante: una psicospiritualità che legge l’ego come un nemico da combattere o qualcosa di cui sbarazzarsi, per infilarci tutti nella Luce qui e ora, non sta facendo un buon servizio all’Umanità. Anzi, collabora alla scissione.

L’anima non accetta di essere divisa…

La psiche, l’anima, non accetta di essere divisa, frazionata, umiliata in talune parti di noi che sono semplicemente scartate o derise. Facciamoci caso: l’energia che viene ripudiata dalle persone che vogliono liberarsi dell’ego non se ne va. Resta all’intorno – e vaga. Se i genitori sono identificati con la pace e la calma, è molto probabile che abbiano figli rumorosi e violenti. Se un padre è molto identificato con il successo e la carriera, è molto probabile che almeno uno dei figli sia totalmente privo di stimoli, pigro e menefreghista. Sono energie. Fanno parte dell’ego. Sono vibranti e veloci, sono “entangled” (interconnesse), per usare un concetto della fisica quantistica che ha avuto molta presa in ambito psicologico. L’entaglement esiste e viaggia istantaneamente. L’energia della violenza, che rinnego in me perché sono identificata con la Luce (ed è un sé anche questo! E fa parte di un ego identificato con la spiritualità) si connette al campo della violenza collettiva dei gruppi che la coltivano. Ma anche io la coltivo, se me ne separo con disprezzo, se la soffoco e la rinnego. Ma se invece ci entro… se riconosco che anche in me esiste questa caratteristica, ecco che accade una cosa importante: posso passare strati e strati di violenza, di aggressività brutale, di rozzezza, e poi scoprire che nel fondo vi è una forza immensa, lì, a mia disposizione. Ma attenzione: occorre passarci dentro. Non si può farlo intellettualmente. Non funziona… E non solo: non è detto che un’energia si trasformi una volta per tutte; anzi più spesso che no, davanti a situazioni di stress, può tendere a tornare alla forma primitiva. Occorre pazienza e compassione, con noi stessi!

Quali sono, i doni dell’ego?

I doni dell’ego sono tanti. Ne abbiamo bisogno. Chi se ne separa e lo ripudia ha poi bisogno di una struttura esterna di contenimento, come succede spesso nel caso di guru e illuminati che hanno bisogno di discepoli che si prendano cura di tutti gli aspetti materiali e pratici della loro vita. Dal mio punto di vista, una vera ricerca psicospirituale inizia solo dopo che le ferite che stiamo infliggendo all’ego, a una parte della nostra anima, vengono riconosciute e guarite.

E’ una via che alcuni chiamano “psicologia sacra”, che non punta all’illuminazione (che peraltro è già in ciascuno di noi), ma alla nostra realizzazione qui, sul pianeta Terra, il luogo nel quale l’anima incarnata vive le sue esperienze. Qui c’è la nostra verità, il nostro cammino, il nostro destino umano. Tutta la battaglia contro l’ego non fa che rallentare questo processo, perché divide l’uomo dentro sé stesso.

E se non faccio pace dentro di me, come posso presumere di farla al di fuori di me?

Franca Errani

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