Vorrei in questo articolo porre le basi per alcune riflessioni sui modelli psicoterapeutici e di counseling alla luce della Psicologia dei sé. Utilizzerò a questo scopo una storia che Hal Stone ama raccontare per illustrare la dinamica profonda tra la visione del modello e i suoi effetti sul paziente/cliente.
Vorrei anche che fosse chiaro che questa panoramica non vuole “colpevolizzare” i modelli per le loro eventuali lacune (ogni modello ne ha; così come ha risorse utilissime!) e neppure contrapporre il counseling alla psicoterapia (esercizio fuorviante e privo di senso; ognuna ha i suoi ambiti di competenza); il progetto è quello di evidenziare temi e creare spunti di riflessione.
Una premessa utile
Tutti (o quasi) i modelli di Counseling sono una derivazione di approcci psicoterapeutici. Ad esempio la Scuola sistemica ha creato l’approccio sistemico al counseling; l’Analisi Transazionale ha creato il Counseling a indirizzo Transazionale; la Gestalt idem. E così via. E’ quindi evidente che ogni approccio di Counseling è legato fortemente ai principi del modello psicologico da cui deriva; gli assomiglia come un figlio assomiglia a un genitore e ne ha assorbito la visione e l’approccio. Quello che cambia è il tipo di contratto che un Counselor (a qualsiasi indirizzo appartenga) può fare con il suo cliente, la profondità alla quale può “scendere” nel percorso. La Psicoterapia lavora per una ristrutturazione profonda della personalità, di cui va a toccare le aree più delicate, i fattori più interni, laddove il Counseling si concentra sul benessere – detto in altri termini si limita a lavorare per potenziare il cliente rispetto a un disagio o problema vissuto nel presente, cercando di individuare le risorse che la persona ha a disposizione e sostenendo un processo di “rimodellamento” della realtà attuale, attraverso il quale il cliente impara ad affrontare un “normale” problema con nuove prospettive e capacità.
Tuttavia, poiché gli approcci di Counseling nascono in gran parte da modelli e metodi psicoterapeutici, ne hanno in gran parte assorbito fraseologia, terminologia e visione. Una caratteristica antica – ma consolidata – di molti approcci psicoterapeutici è l’idea che nel fondo vi è qualcosa di disfunzionale in te, cliente, e che tu vieni da me che ti aiuto ad “aggiustarlo” .
Se è vero che questa visione è più tipica della psicoterapia che del counseling o del coaching, è anche vero che i modelli di counseling di derivazione psicoterapeutica la contengono in nuce. La prospettiva della “salute” è più recente e più difficile da fare propria, soprattutto quando abbinata a una visione che “nasce” invece dalla patologia e tenta di muoversi verso la salute, a una terminologia che nasce dalla sofferenza e vuole essere applicata anche alla normalità del vivere.
Una storia ad esempio
Molti anni fa fu chiesto ad Hal Stone di vedere un ragazzo di circa 11 anni per una consulenza. Il ragazzino era stato per diverso tempo in una Scuola che aveva come riferimento educativo un modello psicologico particolare. I genitori avevano ricevuto una lettera dalla Scuola, in cui si comunicava che la stessa avrebbe chiuso, ma che il loro figlio era stato diagnosticato schizofrenico e che quindi si consigliava loro di trovargli una Scuola di riabilitazione. I genitori chiedono a Hal un consulto, ma prima gli inviarono, dietro sua richiesta, i documenti delle varie diagnosi fatte dai 4-5 specialisti che avevano visitato il ragazzino, compresi tutti i test psicologici. Il modello teorico della scuola era che i bambini non devono esser lasciati soli, altrimenti fantasticano e perdono il contatto con la realtà, quindi si sentono fuori controllo; occorre quindi tenerli sempre impegnati. La Scuola perciò prevedeva sempre qualcosa da fare: attività fisiche, artistiche, letture, gite eccetera. Il vuoto non era ammesso.
Quando il ragazzino arrivò in studio, immediatamente Hal sentì un’ondata di simpatia, una risonanza emotiva con lui. Ben presto gli chiese se aveva avuto un sogno. Il ragazzo disse di sì e lo raccontò: “Io sono a scuola, sono su una sedia a rotelle; i miei genitori vengono a trovarmi, poi devono andare via, tornare a casa; io allora li prego di restare, ma loro devono andare e io sono molto infelice”. Hal gli chiede: “Come mai sei su una sedia a rotelle? Hai qualche idea? Sei paralizzato?”. E il ragazzino (era un bimbo dotato di una buona immaginazione, e questo era l’elemento con cui Hal aveva risuonato) risponde: “E’ che c’è un magnete attaccato, che mi trattiene lì”.
Hal allora comprende: il ragazzo non è schizofrenico! E’ artificialmente trattenuto in paralisi sulla sedia da una metodologia scientifica che gli richiede di esser sempre con qualcuno e fare delle cose; allora ecco che il ragazzino comincia a stare sempre più in bagno, perché almeno lì può stare solo; ma allora viene seguito anche lì, e lui comincia a scappare dalla scuola… insomma le cose vanno sempre peggio. Hal comprende come la metodologia della scuola abbia creato quella schizofrenia.
Anche se questa affermazione può sembrare forte, Hal a questo punto prende una posizione chiara. Non si tratta di giudicare: “Questo è quello che noi terapisti facciamo attraverso il nostro sistema primario sempre. Rendiamo sbagliato il sistema primario di qualcuno che funziona diversamente, in modo opposto al nostro; questo ragazzino, con la sua forte immaginazione, era un aspetto rinnegato del modello teorico, e così egli pagò il prezzo, come altri forse ”.
Per finire la storia, il ragazzino andò alla scuola pubblica, fu rivisto da Hal ancora una volta quando aveva 13 anni: stava bene, a scuola andava benissimo. Da adulto è andato a lavorare nell’industria del film – ambiente molto adatto ai suoi talenti intuitivi e immaginativi.
Il sistema primario del Modello
La comprensione di come il sistema primario di un Modello – di qualsiasi Modello – operi costantemente nella relazione con il paziente / cliente è fondamentale. Nei due articoli precedenti, sul Transfert e il Controtransfert, è stato più volte ribadito come questo meccanismo – che altri non è che la dinamica di vincolo tra il terapeuta e il cliente – sia in qualche modo inevitabile e come ci sia molto giudizio specie sulla parte relativa al Controtransfert, ovvero la interazione totale tra il cliente e il Terapeuta dal punto di vista del Terapeuta – il quale proietta i suoi schemi di relazione e i suoi contenuti inconsci sul cliente. Purtroppo questo giudizio negativo, con la sua carica emotiva, non aiuta a dipanare serenamente gli intrecci che si creano tra terapeuta e paziente – o tra counselor e cliente – e che non sono solo della persona, ma derivano anche dal Modello di riferimento.
Per comprendere meglio questa realtà cito un altro esempio di Hal, che riguarda la psicoanalisi. Una donna gli telefona: ha una voce molto divertente, quasi selvatica, che gli piace subito; al telefono gli racconta di essere stata in analisi 4-5 anni 4 volte alla settimana, ma che ora sente il bisogno di cambiare e vuole provare a lavorare con lui.
Quando la riceve, inizialmente Hal è perplesso: ha davanti una donna molto più seria e nel controllo rispetto a quella che si era immaginata dalla voce al telefono! Dopo un poco Hal le propone una seduta di Voice Dialogue, e le chiede di parlare con quell’Aspetto che gli ha telefonato: una parte che ama divertirsi, che è anche trasgressiva… A questo Aspetto Hal a un certo punto chiede: “ Mi domando come “tu” (questo aspetto selvatico, divertente, trasgressivo) potessi stare in analisi per tanto tempo”… La Parte intervistata ride e ride, commentando: “Sono stata lì con lei la prima volta, ma l’analista mi ha guardato così male che poi io non sono più comparsa in tutti gli anni seguenti!”.
Anche in questo caso il punto di vista di Hal Stone è molto chiaro: egli non vuole giudicare quello psicoterapeuta – né nessun altro. Infatti è così che funzionano le cose: gli Aspetti interiori del cliente / paziente si nascondono quando in qualsiasi modo si sentono giudicati dal terapista. Nel caso di questa donna, la sua parte selvaggia, che era stata soffocata fin dal primo colloquio, era andata sempre più fuori di controllo e le rendeva la vita difficile. Che cosa significa “era andata fuori controllo”? Quando una Parte, un sé interiore, non viene onorato nell’ambito del processo terapeutico, ha poche vie di uscita: una è quella di nascondersi, sprofondare nell’inconscio e distorcersi, come accade a ogni Aspetto rinnegato. La donna in questione aveva iniziato a prendere droghe, a comportarsi spesso in maniera sconveniente, a rischiare di cacciarsi in guai con la giustizia… e questo pur andando a parlare più volte alla settimana con un terapeuta! Alcune sedute con Hal aiutarono questo Aspetto a essere reintegrato con dignità nel sistema e la donna imparò rapidamente a muoversi meglio nella sua vita: questa Parte ora divenne alleata, portando energia vitale, simpatia, umorismo nei vari ambiti – dalla carriera alle amicizie.
Con questi esempi, una cosa appare chiara: non si tratta di “cattiveria”, di cattiva fede o di impreparazione. Ogni Modello psicologico ha i suoi punti ciechi, che corrispondono agli Aspetti rinnegati del modello stesso. Le persone che lo apprendono saranno attirate dal modello per una risonanza della loro personalità, e difficilmente si renderanno conto che vi sono questi “vuoti”. Da questa legge non si può scappare: è molto difficile abbracciare la totalità! I clienti che si dirigono verso un modello possono farlo mossi o da simmetria verso gli Aspetti primari del modello stesso, o perché vi percepiscono i loro Aspetti rinnegati. Questo dipende da tanti fattori: il momento che la persona sta vivendo, gli eventuali altri percorsi precedenti, il tema che vuole trattare e così via. Il passare attraverso diverse esperienze terapeutiche può essere un modo per tentare di ampliare la gamma degli Aspetti sperimentati. Se però non vi è consapevolezza di questo movimento interno, non è detto che questo “peregrinare” da un Modello all’altro sia sempre portatore di un maggiore equilibrio. Anzi.
Esempio: Liana si presenta da me per un disagio legato a un forte sentimento di inadeguatezza e di indecisione, che le impedisce di creare professionalmente maggiore successo, pur riconoscendosi qualità organizzative e relazionali. Liana si occupa di organizzazione nell’ambito della formazione. Negli ultimi dieci anni ha seguito lei stessa numerosi percorsi sia di gruppo che individuali, legati a terapie convenzionali e ad altre meno ortodosse. Quello che è avvenuto è che ha imparato tantissime cose, ma nel frattempo è cresciuto dentro di lei anche un Critico enorme. Prima di iniziare tutto questo, era una donna sicura di sé, aveva una sua attività commerciale, era relativamente soddisfatta di sé e del suo lavoro. Il peregrinare da un approccio terapeutico all’altro ha scalzato la sua autostima: tutti le sembrano più preparati lei, le cose che ha appreso lavorano tutte “contro”: in sostanza, non è cresciuto un “io” cosciente in grado di gestire le nuove conoscenze che, arricchite anche da terminologie psicologiche e scientifiche etichettanti, la fanno sentire sempre sull’orlo della patologia….
Esempio: Adriana è una donna fortemente identificata con la mente razionale. Attorno a questo Aspetto dominante si sono strutturati altri alleati di “stampo” maschile – un forte attivista, un competitivo, una parte sfidante e guerriera, un intelligentissimo stratega, decisamente impersonale. Quando era bambina, se non avesse creato questa protezione così forte, probabilmente non sarebbe sopravvissuta emotivamente a una famiglia caotica, priva di veri riferimenti. Adulta, Adriana si interessa alla crescita personale e inizia diversi percorsi. E’ attirata dai sistemi catartici… salvo poi trovarsi in situazioni di panico, dolore, incapacità di gestire le emozioni che emergono. Fugge. Ritorna. In ogni caso “compera” la visione di questi approcci: la “mente mente”, lei “deve” recuperare le sue emozioni, ecc…! Da un lato, Adriana si allea con la visione che le viene proposta e vede nella sua lucida razionalità il suo peggior nemico; tenta quindi di smantellare quella che, in realtà, è finora l’unica protezione che le permette di muoversi nel mondo. Il mondo emotivo, quando emerge in questi lavori, è abbandonato a sé stesso. Non vi è letteralmente “nessuno” (per ora) in grado di accogliere questa estrema fragilità. La donna è spezzata dentro: giudica metà del suo mondo interiore (quello che le ha permesso di sopravvivere), che ora “rema contro”, e non riesce ad apprezzare le emozioni, che emergono come panico e dolore infinito…
Esaminiamo ora alcuni approcci, con la premessa che non vogliamo giudicarli: si tratta solo di comprendere questo interessante intreccio tra il sistema primario del modello e le sue conseguenze (positive e negative) sulle persone. Un’altra precisazione: le descrizioni che vengono date qui fanno riferimento ai modelli alle loro origini; oggi si tende sempre più spesso a usare integrazioni tra metodi, che hanno il vantaggio di ridurre le rigidità iniziali e di “diluire” queste polarizzazioni, che all’inizio potevano essere anche molto forti.
Vediamo il mondo dei sannyasin di Osho. Specie all’inizio della loro vita comunitaria, la regola era che tutto era permesso, incoraggiato: l’espressione libera, l’emotività. Ogni cosa è ok, purché venga espressa. Gli aspetti rinnegati erano la mente (“Lascia le scarpe e la mente qui” – era il motto scritto sulla porta delle palestre o degli spazi dove si entrava a lavorare). Anche la vulnerabilità era rinnegata, e in particolare non era permesso essere triste. Quindi si poteva esprimere tutto, tranne i sentimenti della vulnerabilità e della tristezza, che erano contro le regole del modello.
Il modello aveva aiutato certamente molte persone a uscire da schemi di controllo eccessivi, ma aveva anche creato questi forti aspetti rinnegati e quando la comunità negli USA si dissolse, le persone che uscirono dal circuito non sapevano come prendersi cura della loro vulnerabilità. Inoltre non erano allenate a usare la mente: quello che era allenato era il sentire. Invece una buona mente è indispensabile per muoversi nel mondo, e non saperla usare ha rappresentato un problema per molti seguaci di Osho.
Nella Gestalt specie degli inizi, un aspetto rinnegato era il “Cosa pensa la gente?”. Un Aspetto molto dominante era legato al concetto che “tu sei responsabile per te”, tu sei responsabile per le tue reazioni. Mancava il senso della responsabilità condivisa. Un altro aspetto rinnegato era la non-reazione: assolutamente occorreva reagire, fare rumore, il non reagire e non fare rumore erano considerati negativamente come dannosi.
Nell’ambito junghiano, il rinnego riguarda l’estroversione, l’esuberanza, le emozioni selvagge e fuori controllo, la sessualità. Gli aspetti privilegiati sono l’introversione, il simbolo, l’individuazione interiore.
Nella PNL è forte la convinzione che la mente sia in grado di risolvere praticamente tutti i problemi, una volta che si siano individuate le convinzioni – i programmi negativi – e li si siano modificati. La radice comportamentista e cognitivista del modello è alla base di questi assunti, arricchiti dagli studi neurologici sul cervello e il sistema nervoso. La forte accentuazione sulle possibilità della mente e sull’aspetto dell’eccellenza porta questo modello a rinnegare gli aspetti emozionali della fragilità, dell’impotenza e della vulnerabilità.
Veniamo ora alla Psicologia dei sé e al Voice Dialogue: quali sono gli Aspetti rinnegati? Ovviamente è più difficile cogliere gli Aspetti soffocati del proprio sistema, perché sono il “proprio” punto cieco”! Però alcune cose sono emerse: un aspetto, per lungo tempo, è stato il riferimento diagnostico iniziale rispetto al paziente/cliente. Il Voice Dialogue nasce infatti come metodo orientato al processo, con la convinzione che il flusso delle polarità, il gioco tra aspetti primari e rinnegati siano parte normale della condizione umana, che di per sé non abbiano nulla di patologico. (Ovviamente diventano tali quando i ruoli si “fissano” in maniera abnorme). Un altro aspetto rinnegato era l’orientamento al risultato: proprio perché nasceva da una visione di processo, era difficile darsi degli obiettivi a breve termine su cui lavorare. Scrivo “era” perché in questi anni sia in Italia che all’estero , il Voice Dialogue è stato rielaborato per essere applicato al mondo del counseling e del coaching. Questo orientamento ha comportato anche la creazione di tecniche, accanto e al di fuori della “classica” seduta, che resta comunque uno degli aspetti più affascinanti di questo lavoro.
Nelle costellazioni famigliari di Bert Hellinger, un aspetto poco sviluppato è quello legato alla individualità: la persona è vista soprattutto come parte del suo sistema famigliare, spesso “irretita” in giochi relazionali inconsci cui l’individualità soggiace. La vulnerabilità del singolo finisce per rimanere in penombra.
Conclusioni
In sintesi, ogni modello psicologico ha necessariamente un suo sistema primario; se rimane bloccato all’interno di esso allora si cristallizza.
Non è facile comprendere che cosa sia rinnegato all’interno di ogni Modello. Infatti gli aspetti soffocati rappresentano il “punto cieco” di ogni approccio! Anche qui ci viene di aiuto quello che giudichiamo di altri modelli, perché in realtà si può andare avanti solo se ci si apre ad altri aspetti. Ogni sistema altrimenti è un vaso piccolo e non è adatto a tutti, in particolare non è adatto ai clienti che sono portatori degli aspetti rinnegati del modello! Il mondo è pieno di clienti che hanno lasciato i loro terapisti a causa del conflitto tra i sistemi primari – o meglio a causa degli aspetti rinnegati che portavano per il terapista e che in qualche modo non venivano riconosciuti, anzi erano fonte di disagio e di giudizio inespresso.
Una proposta…
Vi invito a pensare ai diversi approcci che conoscete e a valutare quali possono essere gli Aspetti rinnegati da ogni Modello. Provate anche a immaginare quale effetto può avere la loro cristallizzazione su diversi tipi di clienti….
Questo argomento è molto importante e affascinante: sarebbe molto utile se uniste le vostre considerazioni agli spunti di questo articolo, per portare avanti una “mappatura” dei diversi Modelli e provare a vedere come sarebbe possibile integrarli in modi nuovi, creativi e rispettosi.
Grazie per la vostra collaborazione: sono benvenute riflessioni, esperienze personali o professionali, contributi di articoli o segnalazioni di letture. Potete inviarle direttamente alla mia mail personale: franerra@tiscali.it: sarà un piacere preparare una seconda puntata grazie al vostro contributo.
CopyRight Franca Errani 2009
Bibliografia
Hal e Sidra Stone. Tu & io: Incontro, scontro e crescita nelle relazioni interpersonali, Ed. Xenia 2009.
Hal e Sidra Stone, The Psychology of the Transference, Gateway to Growth, (CD) 2005.
Note:
1) Hal Stone, The Psychology of Transference, Gateway sto Growth, 2005, Delos Inc. CD n. 2
2) Vedi ad esempio le applicazioni al coaching in Norvegia: istituto Corage diretto da Konrad Magnus (www.corage.no); in Olanda: ITP diretto da Robert Stamboliev (www.transformatiepsyhcologie.nl) o JBJ di Lara Briozzo Jagersma (www.larabriozzo.com); in Francia: istituto Osiris diretto da Pierre Cauvin e Geneviève Cailloux (www.osiris-conseil.com).
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