Sul Bambino interiore esiste una vasta letteratura e sono tante le scuole che ci invitano a ricollegarci a questo aspetto fondamentale della nostra psiche. Per alcune di esse, il Bambino rappresenta senz’altro il nostro vero Sé, la nostra stessa essenza. Nel Voice Dialogue è visto come uno dei sé più vicini alla nostra essenza, che ci permette di vivere in profondità, amare veramente, creare intimità con gli altri….
Tuttavia ha bisogno di essere accudito e protetto dagli aspetti adulti di noi stessi e soprattutto da un Ego Consapevole che possa canalizzare le diverse energie senza farsene sopraffare.
“I bambini del nostro mondo interiore sanno come essere, mentre il resto della nostra personalità sa come fare e come comportarsi. Al Facilitatore è data l’occasione, lavorando con questi sé, di imparare ad essere con loro; altrimenti non possono emergere. Quando si ha a che fare con il Bambino interiore, il motto è: “Non c’è nessun luogo dove andare e neppure niente da fare[1]”.
Quando il Bambino si mostra in una seduta, specie se si tratta di quello Vulnerabile, lo spazio fra facilitato e facilitatore si riempie di calore vibrante, di un senso di pienezza che scompare quando questa energia si ritira (e lo fa alla minima provocazione). Il Bambino dentro di noi ci offre il dono prezioso di poter essere totalmente con un altro essere umano. Per questo è vitale reclamare questo sé, spesso sepolto dietro strati protettivi che ce l’hanno fatto dimenticare. Il Bambino è talmente sensibile che può essere ferito con grande facilità: le parole non lo ingannano, e si collega all’altro a livello energetico: se l’altra persona si allontana – anche solo nel pensiero – il Bambino percepisce immediatamente questo distacco e si sente abbandonato. E’ quindi indispensabile sviluppare un senso di protezione e accudimento interiori: siamo noi che dobbiamo prenderci cura del “nostro” Bambino. La ricchezza interiore che ne deriva vale sempre la pena che comunque accompagna la sua scoperta e la sua guarigione.
La Bambina Interiore di Roberta
Quando il Bambino esce per la prima volta nella seduta, è difficile che parli: può restare in silenzio oppure piangere, magari rannicchiandosi in un angolo, prima di fidarsi e cominciare a raccontare di sé. Nessun Bambino Vulnerabile uscirà allo scoperto se non è certo che il Facilitatore può accoglierlo: è già stato ferito tante volte e ha paura… questo può renderlo esitante, fino a che non si sente al sicuro. Il suo dolore è vero e profondo, richiede rispetto ed empatia. Roberta aveva manifestato il suo disagio nell’andare a feste o party…
Facilitatore: – Mi piacerebbe parlare con la parte di te che si sente timida quando è in mezzo a tanta gente…
Bambina Vulnerabile di R: si rannicchia, con la testa fra le ginocchia; il Facilitatore rimane in un contatto empatico con questo sé, senza cercare di farlo parlare. E’ la Bambina che dopo un po’, rassicurata, gli racconta: – Io non sto bene in mezzo agli sconosciuti… anche quando Roberta era piccola, se qualcuno mi feriva, io mi andavo a nascondere in giardino… aspettavo che mi venissero a cercare, ma non succedeva… io volevo che venissero, però avevo anche paura che poi mi ferissero di nuovo…
F.ore: – E anche adesso vorresti scappare a nasconderti?
B. V. R. – Oh sì! Specie in quelle situazioni! In mezzo alla gente, mi sento spaventata. Vorrei scappare. Non capisco perché Roberta si ostina a portarmici. Io credo che lei si vergogni di me.
F.ore: – Io mi sento davvero bene qui con te… so che hai molte cose da dire a Roberta, così può conoscerti meglio…
B. V. R: – Oh, lei non mi conosce mica. Si vergogna troppo di me. Lei vuole essere sempre sicura, efficiente… Detesta sentirsi debole…
F.ore: – Accadeva anche quando era piccola?
B. V. R.: – Certo. Nella sua famiglia tutti la volevano forte. Io ho dovuto nascondermi molto presto: anche allora non piacevo a nessuno (piange un poco, assorbendo l’impatto)
F.ore: – Parlami ancora di te…
B. V. R: – Sono molto sensibile, tante cose mi feriscono. Vorrei tanto che lei non mi giudicasse! Vorrei che Roberta si occupasse di me… ho bisogno che lei impari a stare con me quando ho paura!
F.ore: – Sai, Roberta sta ascoltandoci ora, e può imparare a stare con te in modo diverso… non te lo posso promettere, però potrebbe imparare ad essere un vero genitore per te.
B. V. R.: – I suoi genitori le hanno sempre chiesto di essere forte… l’hanno sempre giudicata quando era fragile…(esitante) credi che lei possa imparare a volermi bene anche se sono fragile?
F.ore: – So che non l’ha mai fatto finora, ma so che è possibile…
B. V. R.: – Sarei così contenta! Se soltanto mi parla un poco, mi consola, forse alle feste potremmo andarci, io mi sentirei protetta da lei… Poi, vorrei che dicesse meno sì a tutte le sue amicizie, ai loro bisogni e problemi! A volte resta al telefono fino a tardi, la sera, e dopo è così stanca e vuota…
F.ore: – Vedi, stiamo imparando un’altra cosa… tu hai bisogno di più silenzio e intimità…
B. V. R: – Sì; vorrei anche che mi mostrasse… nessuno mi vede mai, tutti pensano che lei sia forte e indipendente… invece io mi sento sola. Lei non parla dei miei sentimenti.
Cosa accade quando cominciamo a scoprire e proteggere il nostro Bambino interiore?
Quando cresciamo è facile che la famiglia voglia educarci alla forza e all’efficienza, per prepararci alla vita; la vulnerabilità è considerata pericolosa. Così accade che rifiutiamo il nostro Bambino interiore, perpetuando lo schema di rinnego di un’energia indispensabile per la nostra vita e i nostri rapporti. E’ importante sapere che il Bambino interiore non diventerà mai grande. Questa è una scoperta, per lui stesso e per noi. Non deve crescere, non deve imparare a comportarsi in modo adulto, non deve neppure parlare, se non lo desidera. Il Bambino interiore prova un grande sollievo, quando impara che non gli si richiede di diventare grande. E’ la persona che deve imparare a proteggerlo in modo diverso, più sano e amorevole. Questo permetterà alla relazione interna di svilupparsi e fiorire.
Quando le persone cominciano a sintonizzarsi sul proprio Bambino Interiore, accadono cose molto interessanti: i rapporti possono diventare più intimi e profondi, le relazioni superficiali possono essere eliminate o ridotte; la creatività può espandersi e fiorire in modi nuovi; si può imparare a darsi sicurezza senza aspettarsela dagli altri… I bisogni del Bambino possono essere sostenuti con fantasia e semplicità: Anna, che scopre come la sua Bambinaha paura dei lunghi viaggi, scopre anche che basta portarsi dietro il suo cuscino speciale per farla sentire accudita; Piero crea uno spazio immaginario in cui andare a trovare il suo Bambino; Laura trova il coraggio di lasciare un lavoro troppo duro; Mauro comincia a leggere libri di avventura e non solo saggi importanti e edificanti…
Il Bambino Giocoso
Il Bambino Vulnerabile ci dona la sua qualità di empatia e presenza nei rapporti. Inoltre ci insegna un migliore equilibrio tra vulnerabilità e potere, aprendoci la strada verso il vero potere interiore (che ha bisogno di tenere sottobraccio anche la vulnerabilità: altrimenti si è identificati con schemi di potere o di onnipotenza). Vi sono altri aspetti del Bambino Interiore che portano magia e gioco nella nostra vita, arricchendola in molti modi.
In generale è più facile contattare il Bambino Giocoso che quello Vulnerabile; molte persone che sono identificate con le loro parti spirituali possono contattare il Bambino Giocoso, ma non quello Vulnerabile e tendono a confonderli. Questo è il caso di Antonio:
F. ore: – Vorrei davvero parlare con il tuo Bambino Vulnerabile…
Bambino Giocoso di Antonio: – Oh, io sono molto presente in lui. Mi conosce bene, facciamo un sacco di cose insieme…
(I bambini giocosi sono in genere loquaci e vivaci; il facilitatore nota subito questo e chiede con tatto):
F.ore: – Sai, veramente non è con te che volevo parlare, tu sei molto simpatico e magari dopo parlerò di nuovo anche con te… ma ora è il tuo fratellino che vorrei conoscere, quello più timido… (il Bambino Giocoso sa bene che dietro di lui c’è qualcuno più timido…) Potresti spostarti un poco? (Il facilitatore contatta, dentro di sé, il suo Bambino Vulnerabile in modo da indurre questa energia, restando in un silenzio empatico. Anche Antonio cambia, entra in un silenzio carico di tristezza. Dopo qualche minuto il facilitatore parla semplicemente). Sapevo che c’eri anche tu da qualche parte… ma vedo che Antonio ti confonde con l’altro bambino…
B. Vulnerabile di A.: – Oh, gli è così facile! (un lungo silenzio) … Antonio abbraccia tutti, sorride a tutti, ha tempo per tutti… Quando si sente appena triste o fragile, si mette a parlare, a dare consigli, a ascoltare gli altri. Di me sa davvero poco o nulla (con voce sconsolata).
F.ore: – Ti piacerebbe, che imparasse a conoscerti di più?
B. V. A: – (sospira) sì… ma non mi fido tanto. A lui piace essere divertente e vivace. Io non sono così.
F.ore: – (con interesse sincero) Come sei, tu?
B.V. A: – Io sono più piccolo… sono nascosto. Sono in una stanza buia… mi dispiace stare qui da solo.
F.ore: – E’ da molto tempo che sei lì?
B.V. A: – Oh, da tanto. Ogni tanto guardo fuori dalla finestra… (piange silenziosamente) Io non andavo bene a nessuno, a casa sua. Lui doveva essere forte e anche divertente.
F.ore: – Non te lo posso promettere,ma come sarebbe, se Antonio venisse a trovarti ogni tanto?
B.V. A: – Mi piacerebbe. La stanza sarebbe meno buia. Forse gli potrei mostrare i miei colori (improvvisamente più vivace) lo sai che a me piacciono i colori? Mi piaceva tanto disegnare!
Antonio era certo di avere un rapporto reale con il suo Bambino, ed era vero: ma solo con una parte, quella giocosa. Questo dialogo l’aiutò a recuperare l’altro aspetto. La cosa stupefacente è la capacità del Bambino vulnerabile di recuperare vitalità e realtà, anche se è stato rinnegato a lungo. Può volerci un tempo più o meno lungo ma, se la persona si dedica a questo recupero con dolcezza, amorevolezza e perseveranza, i risultati ci saranno.
In generale, per accudire alla nostra vulnerabilità abbiamo bisogno:
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innanzitutto di conoscerla: sapere che esiste dentro di noi e che non è qualcosa di cui vergognarsi o da nascondere;
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imparare a nutrire, accogliere: qui possono essere utili le sedute di Dialogo: infatti sarà il Bambino stesso a dirci in che modi desidera essere accudito;
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imparare a proteggere e contenere: qui è molto utile l’uso dell’energia impersonale, la capacità di creare limiti e confini.
Quando la vulnerabilità non è accudita e protetta in modo consapevole, saranno i sé primari a farlo, secondo i soliti schemi.
Se siamo identificati con aspetti di potere, la nostra vulnerabilità sarà inconscia e distante: forse avremo potere nel mondo, ma non sapremo creare intimità nei rapporti.
Se siamo identificati con aspetti bambini e vulnerabili, saremo vittime del mondo.
Abbracciando sia il nostro potere che la nostra vulnerabilità vivremo un processo di potenziamento (empowerment) che può rivelarsi straordinariamente fecondo.
Questo articolo è comparso in prima uscita sul sito dell’Associazione Voice Dialogue Italia (www.voicedialogue.it)
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