Il “bambino solo” è una realtà interiore delicata e potente. Vuoi conoscerlo?
I bambini soli dentro di noi sono invisibili e silenziosi. Se ne stanno in anfratti dell’anima, in nicchie polverose che ricordano le nostre case antiche, la stanzetta con la moquette o qualche cantina o grotta scura.
Il bambino solo ha imparato a starsene così – solo, appunto – tanto, tanto tempo fa. Per qualche ragione si è sentito abbandonato, ha dovuto imparare presto a cavarsela in un modo di adulti forse frettolosi, a volte impazienti, in alcuni casi anche disturbati o comunque poco attenti a lui.
L’attimo in cui è avvenuto il distacco e la solitudine è diventata la soluzione, si perde nella notte dei tempi. Il bambino stesso, forse, non lo sa nemmeno più. Sta nel fondo, con un respiro lieve, con tutte le mille paure che comunque gli frullano intorno come i pipistrelli in una grotta. Lui, non ha paura dei pipistrelli; ha paura della vita, della povertà, del gelo, dell’abbandono, delle bollette non pagate, della parola non mantenuta. Ha rinunciato.
In realtà, non ha proprio rinunciato del tutto, perché il bambino solo ha un’incredibile tenacia. Si è tenuto sulle spalle le nostre paure, e ne ha fatto la sua casa. Se ci pensi, è stato eroico: tu, io, abbiamo potuto andarcene nel mondo, imparare a fare le cose, a guadagnare la nostra vita, ad avere un certo tipo di successo. Abbiamo trovato lavori e amori, abbiamo fatto studi e bambini, abbiamo guadagnato e speso e ricominciato, tormentati solo ogni tanto da quella sorta di fremito che arrivava dall’interno, come quando in estate cammini lungo un marciapiede e a un tratto le tue gambe sono avvolte dal freddo che arriva da una cantina, la cui finestrella ferrata è all’altezza dei polpacci.
Il bambino solo è rimasto là e noi ce ne siamo dimenticati. Quando arriva quel fremito, in genere cerchiamo di allontanarci. Oh, in questo siamo tutti così bravi!
Abbiamo creato i “divertimenti”…
Anzi, abbiamo creato un’intera società che si è incaricata di tenerci lontani, tutti quanti, dai nostri bambini soli. Che se ne stiano in cantina, perbacco.
Abbiamo creato i “divertimenti”. Di-vertirsi vuol dire di-vergere, allontanarsi da. Oh, non voglio mica far la bacchettona! Ci sono tanti divertimenti piacevoli ed è giusto goderseli. Ma molte volte i divertimenti sembrano fatti apposta per portarci via da quello spiffero che dà sul buio di quella cantina dove la bambina sola se ne sta, paziente, spaventata e rassegnata, dalla notte dei tempi.
Gli è che più passa il tempo più la discesa verso quella solitudine bambina è difficile. Non sappiamo più che abita in qualche piega dell’anima nostra e non sappiamo più riconoscere i suoi messaggi. Così quando arriva il fremito, anziché “scendere” e abbracciarlo e dirgli molto semplicemente “guarda, sono qui, ti ho trovato, adesso non ti lascio” noi troviamo altri modi ingegnosi: mangiamo un bel bombolone o una pizza farcita; ci guardiamo due film in rapida successione; andiamo a ballare fino a stordirci, facciamo una bella bevuta in compagnia. Possiamo anche fare cose apparentemente più belle ma che ci allontanano ugualmente, tipo diventare volontari e occuparci dei mali del mondo – attività nobilissima a cui non voglio togliere il merito, ma semplicemente far notare che a volte, nel tanto occuparci a pieno cuore di altri non sentiamo il battito lieve del cuore della bambina sola dentro di noi.
Il bambino solo dentro di noi ha attraversato la vita senza muoversi dalla sua nicchia. Anche “dopo”, quando lo avrai recuperato, non sarà un bambino desideroso di chissà quali compagnie e baldorie, successi eclatanti e fanfare. Avrà desideri piccini come lei, modesti, sinceri; traccerà nella tua vita un sentiero leggero come i ricami fatti dalla neve sui rami dell’abete.
Ma non sottovalutare la sua potenza. Il suo “recupero” è un dono prezioso che fai a te e agli altri. E le ragioni le scoprirai strada facendo, a poco a poco.
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