Il sé strategico – (F. Errani)

da | Dic 15, 2014 | Blog | 0 commenti

I sé che abbiamo esplorato finora sono, in genere, abbastanza condivisi nella nostra cultura; forse non sono sé primari per tutti noi, ma hanno una frequenza piuttosto alta proprio perché appartengono a valori sostenuti a livello sociale: ad esempio essere efficienti e attivi costituisce un pilastro forte; i valori patriarcali, seppure messi in parte in discussione, sono largamente accettati e comunque fanno parte di una lunghissima tradizione.

Parleremo oggi di un sé che spesso appartiene al mondo dei sé rinnegati: è in realtà un sé diffusissimo ma misconosciuto: il sé strategico.

Una premessa importante riguardo ai sé rinnegati in generale: il fatto che un sé sia rinnegato non significa che non agisca, nella vita dell’individuo o della collettività. Anzi. A volte agisce molto, ma spesso in modi distorti proprio perché, essendoci un giudizio negativo attorno alle sue caratteristiche, le persone non sono in grado di gestirne l’energia in modo consapevole e sano.

Il sé strategico non sfugge a questa regola: è un’energia molto malcompresa e giudicata; viene considerata manipolativa, subdola, falsa, interessata solo al bene particolare della persona e capace quindi di ingannare, turlupinare ecc. E effettivamente a volte è così che si mostra.

Tuttavia gli Stone ci insegnano che ogni energia, in sé, non è né buona né cattiva. Il sé strategico, che essi definiscono anche il “Machiavelli” ha la funzione psichica di valutare in modo distaccato e lucido che cosa può essere meglio per noi, quali strategie usare per ottenere un risultato. Il termine “strategico” fa riferimento allostratos, ovvero all’esercito (greco); c’è quindi un richiamo alla guerra, alla schermaglia che può essere a volte aggressiva a volte diplomatica, alla capacità di comprendere quando attaccare e quando difendersi. Il sé strategico si attiva insomma sull’obiettivo da raggiungere e cerca la strada migliore, più efficace e efficiente, per arrivarvi, e sa discernere “quando accettare e quando non impegnare battaglia” (Sun Tzu, Arte della guerra) . Questo sé appartiene al regno della mente, è impersonale, è pragmatico e quello che gli interessa è la capacità operativa, non l’ideologia; ha dunque una buona capacità di distacco emotivo; le emozioni, d’altronde, sono pericolose in guerra: come dice sempre Sun Tzu: “Chi è pronto a morire rischia di essere ucciso. Chi è intento a vivere rischia di essere catturato. Chi  è facile alla collera rischia di essere umiliato. Chi è puritano rischia di essere disonorato. Chi mette in gioco i propri sentimenti rischia di soffrire”. E’ chiaro quindi che un eccesso di strategia nell’ambito delle relazioni può essere negativo perché ne frena la spontaneità, la gratuità, la condivisione. Tuttavia anche quando è rinnegato, il sé Machiavelli agisce in modi controproducenti riguardo alle relazioni: si manifesta in modi manipolativi, ambigui, a volte goffi, oppure rende la persona vittima delle persone più apertamente strategiche che incontra nel mondo; quando è usato in eccesso è effettivamente connesso solo agli obiettivi da raggiungere e può rendere la persona fredda, calcolatrice (anche se magari da fuori non lo si nota chiaramente), incapace di veri sentimenti perché vede nelle persone solo degli strumenti da utilizzare al meglio.

Ma come sarebbe, poter utilizzare questa energia nel modo giusto? Cosa può apportare?

L. è un quarantenne con una grande competenza tecnica nel campo dell’elettronica. Ha già creato, nel passato, due piccole aziende, ma ogni volta è stato “fregato” dai sodi. Sembra che nel suo cammino vi siano sempre persone che approfittano di lui. Non avendo capitali, dopo la seconda disavventura L. si è rassegnato a lavorare per una grossa società, ma il suo spirito avventuroso, ottimista e amante della libertà comincia a sentirsi stretto in questa realtà. Da poco tempo ha conosciuto una persona che potrebbe apportare i capitali per riaprire un’azienda, tuttavia L. è spaventato, non si fida più tanto del suo giudizio istintivo.

Abbiamo già lavorato con i suoi sé primari che lo vogliono sempre affidabile, leale, onesto, diretto e chiaro nei rapporti. Vi è anche una forte componente bambina legata all’innocenza. Finalmente questi aspetti primari si sono rilassati e hanno dato il permesso di andare a parlare con il sé strategico che rappresenta la polarità opposta. L. si sposta nello spazio fisico di questo sé.

Facilitatore: – Salve (resta presente energeticamente ma in silenzio, perché il sé lo sta osservando con distacco, sostenuto).

Sé strategico di L: (prendendo tempo): Salve…..

F.ore: – Sembra che ora L. sia pronto ad ascoltarti. Ho la sensazione che tu possa essergli molto utile per valutare questa opportunità…

S.s.L.: (più vivace, ancora però sostenuto): – Gli sarei stato utile anche le altre volte. Si vedeva lontano un miglio che erano persone poco limpide, i suoi due ex-soci!

F.ore: – “Tu” lo vedevi. Ma L. no. L. è abituato a vedere tutti buoni, onesti e gentili…

S.s.L.: – E’ tonto! C’ha questa fissa dell’onestà. Per carità, è chiaro che è un valore. Infatti anch’io la apprezzo, Ma devi (e sottolinea con foga la parola), devi assolutamente essere in grado di riconoscere chi merita la tua fiducia e chi no!

F.ore: – Senti, nel passato tu hai cercato di avvisarlo?

S.s.L.: Certo. Io gli mando dei segnali di diffidenza. Gli si stringe lo stomaco. Ma lui NON VUOLE essere diffidente…. vuole sempre essere “apeeerto nel cuooore” (con tono di leggero sfottimento) lui! E così perde sempre. Peggio per lui (incrocia le braccia).

F.ore: – Sembra che tutto questo ti abbia irritato parecchio.

S.s.L.: – A nessuno piace essere considerato così male.

F.ore: – Tuttavia ora stai parlando, e credo che L. sia veramente interessato alla tua opinione. Hai qualcosa da suggerirgli?

S.s.L: – Certo (si vivacizza). Questo signore non è tanto diverso dagli altri due… forse un po’ meglio, ma non è certo uno stinco di santo! Però è un uomo capace, con i piedi per terra. L. dovrebbe inserire un terzo socio, il suo amico N, che è esattamente come me. Basterebbe una piccola quota… (si dilunga nei dettagli pratici, fiscali, tecnici e giuridici rivelando una competenza di cui lo stesso L., poi, si dirà stupito).

La seduta continua con maggiore attenzione agli aspetti energetici di questo sé, in modo da rendere L. più consapevole di tutta la realtà di questa parte rinnegata. Tornato al centro, L. fa di nuovo esperienza di questo sé “canalizzando” la sua energia e sentendo qual è il livello che, almeno per ora, è in grado di reggere.

Altri esempi

R. è terapeuta e ama il suo lavoro; però le persone smettono spesso di andare da lei, a volte senza neppure avvisarla. Lei mette molta passione nel suo lavoro e vuole capire cosa fa sì che tante persone spariscano dopo qualche incontro.

Uno dei suoi sé primari è l’aspetto madre, un sé accogliente, premuroso, che tuttavia si pone anche in modi manipolativi, di cui R. non si rende conto. Il sé strategico, infatti, si è per così dire “mescolato” con il sé madre, formando un mix dove l’attenzione e la premura sconfinano spesso in una invasione un po’ troppo premurosa fatta di consigli,di apprezzamenti genitoriali, di troppe domande. I clienti dopo un po’ si sentono soffocare perché, da questa modalità, non può esservi per loro un vero potenziamento. In questo caso il sé strategico è profondamente inconscio ma molto attivo attraverso il sé madre. La separazione di questi due aspetti aiuta R. a riconoscere questo schema e, soprattutto, a entrare in contatto con la vulnerabilità che vi è al di sotto, fatta del bisogno di “fare bene”, di essere amata e anche di paura dal punto di vista economico.

F. ha partecipato per diversi mesi a degli incontri “spiritual-esoterici” gestiti da una persona che sempre più si è rivelata, agli occhi di F., un “guru dell’ombra”, per usare una sua espressione: una persona molto manipolativa. Quando questo aspetto le si rivela chiaramente, F. lascia il gruppo, non senza difficoltà (viene giudicata pesantemente dagli altri partecipanti); si sente molto ferita e piena di sacrosanto furore contro questo leader. Questa prima esperienza le fa evitare, per anni, qualsiasi altra esperienza di crescita personale. Quando incontra il Dialogo, diversi anni dopo, è  ancora piena di risentimento e di diffidenza. Si sente totalmente nel giusto e nella luce. Occorre un lavoro abbastanza lungo per cominciare a creare un centro in grado di gestire la ferita ancora vibrante legata a quella lunga e spiacevole interazione. Solo dopo questo cambiamento F. fa questo sogno: “Sono in una stradetta oscura ed è notte. C’è solo un lampione che rischiara un angolo della strada. Nell’oscurità intravedo una figura maschile e so che è ….. (il “guru dell’ombra”). Vorrei fuggire ma poi, anche se col batticuore, decido di aspettarlo. Resto ferma, lui si avvicina lentamente… per me, è come se tutto il concentrato del male mi stesse di fronte. A mano a mano che si avvicina, tuttavia, quest’uomo mi fa meno paura… ed è con stupore che mi accorgo che ha gli occhi pieni di lacrime”.

Qualsiasi energia  venga rinnegata così a lungo e così profondamente diventa un veleno, una figura mostruosa che “incarna tutto il male del mondo”. Dopo questo sogno F. è in grado di cominciare a dialogare con le “sue” parti manipolative; a osservare con maggior distacco che effettivamente ci sono modi con cui lei manipola gli altri, inconsciamente. La sua energia strategica attraversa un processo di trasformazione – perché non è soltanto l’”io” della persona che diventa più consapevole durante il percoso: sono gli stessi sé che diventano più consapevoli di sé stessi.

Nella struttura teorica del Voice Dialogue ogni energia ha una sua ragione di esistere e una sua dignità; sta all’ego consapevole scegliere come e quanto usarla. Dobbiamo imparare a portare ogni cosa che ci appartiene con noi: l’autenticità e la strategia, l’essere profondi e l’essere superficiali, la fragilità e la forza, la terra e il cielo.

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