Imparare a comunicare in modi più sani, nella relazione di coppia, aiuta a superare i piccoli conflitti quotidiani che nel tempo logorano l’amore.
Ci sono parole, espressioni, che fanno bene, altre che danneggiano.
Espressioni che fanno bene
Scusa, ho sbagliato. Mi spiace. Come posso rimediare?
Occorre che siano vere. Occorre che tu abbia preso responsabilità della tua “parte” nella creazione del disagio/conflitto. Un nemico di queste parole è l’orgoglio. Nel fondo sappiamo che c’è anche il nostro zampino, ma facciamo fatica ad ammetterlo.
Espressioni dannose
Tu sempre…. Tu mai…..
Tu sei sempre in ritardo. Sei sempre con la testa altrove. Non mi porti mai un fiore. Non sei mai gentile. Non mi dici mai ti amo.
Il sempre e il mai mettono subito sulla difensiva (con i loro corollari: “Da che mondo e mondo”, “Tutti han sempre detto che …” “Lo sanno tutti che…”).
Non è possibile che non ti abbia “mai” detto ti amo. Non è possibile essere “sempre” altrove con la testa. Parole definitive annullano fin da subito la possibilità di un dialogo costruttivo riguardo al disagio che si sta vivendo.
Esempi di parole che fanno bene
Sono qui. Ti ascolto. Non ho capito, mi spieghi? Come posso esserti di aiuto?
“Sono qui” vuol proprio dire essere lì completamente. Ti ascolto non vuole dire che sono necessariamente d’accordo con te, ma che sono pronto a capire il tuo punto di vista, essere empatica, avere chiaro il tuo sentire.
Esempio di parole che fanno male
Ma…. Però…. O… O.
Annullano l’effetto di quello che si è detto prima. “Hai fatto un buon dolce, ma è troppo burroso”. Porta via anche il complimento! Resta solo il “burroso”. Come trasmettere una critica costruttiva in tal caso? Intanto si rovesciano i termini, potrei dire: “Sai per i miei gusti c’è un po’ troppo burro, ma è davvero buonissimo”.
Ancora: “Due sono le cose: o mi ami o non mi ami!”. E se dentro di me abitano persone che ti adorano e altre che ti detestano? O che sono semplicemente indifferenti? E che, come i passeggeri di una nave, ogni tanto si affacciano sul ponte e fanno sentire le loro voci discordanti? E’ più vero e autentico un amore che non sente “mai” il conflitto, il disagio, la voglia di andarsene, il fascino di altri lidi, la potenza del sentirsi indipendente, solo, marinaio in cerca di avventure in mille porti, oppure un amore che sente il disagio, la tensione di questi opposti, eppure, nonostante tutto, continua a scegliere il sì?
….. E poi il temibile – terribile – inguaribile – impossibile – adorabile “PER SEMPRE”
Come posso giurarti il per sempre? Come posso sapere se il per sempre sarà tale? Con quali timori e tremori pronuncio il per sempre?! Appartiene al mito, alla favola, alla tradizione religiosa e, più profondamente, alle istanze dell’anima. Ma l’anima non ha la pretesa di metterlo come garanzia a priori. E al tempo stesso farà di tutto perché la storia evolva, se così deve essere.
Infine ci sono le parole che diamo per scontate
Non ci siamo interrogati su cosa significano per noi. “Ci siamo sposati per amore”, si dice convinti. Ma cosa vuol dire per te amore? E per lei? Quali miti, regole, fantasie, paure e speranze ci sono, per ciascuno di noi, dentro a questa parola? E nella parola “famiglia”? Per cogliere quello che c’è davvero, dentro alle parole, occorre entrarci ed ascoltarsi fino in fondo… perché magari in superficie le tue parole sono quelle semplici belle e facili: famiglia nido, contenitore, porticciolo…. Mentre nel fondo si agita qualcuno che grida “La famiglia? Un luogo da cui fuggire!”.
Nella parola “ospitalità”, noi italiani, specie nel sud, mettiamo attenzione, cura, premura, cibo in abbondanza… viene un ospite e la nostra vita ruota attorno a lui… se vai negli USA, i padroni di casa ti danno le chiavi di casa, ti mostrano dov’è il frigo. Per loro, ospitalità vuol dire offrire libertà e indipendenza. Da noi, accudimento e premura. Siamo entrambi, italiani e americani, in perfetta buona fede secondo le regole che abbiamo appreso.
Prova questo esercizio
Disegna due cerchi che si intersecano, e scrivi nella zona di intersezione la parola … oggetto del contendere. Per esempio “amore”: ciascuno di voi ora ha il suo cerchio dove mettere le parole-chiave che lega all’amore. Potete inserirle ciascuno dalla propria parte, e poi raccontarvi insieme da dove vi viene quella certezza, che l’amore sia esattamente quella definizione che voi ne date. Per favore, non fatelo dopo un litigio! In un momento sereno, in modo da creare conoscenza e intimità tra di voi. Per favore, non cercate neppure di convincere l’altro che la vostra è la definizione giusta. La sola e la vera. Apritevi alla scoperta reciproca. ….
Poi ci sono le parole che sono significative nella vostra storia… ognuno di voi sa quali termini possono scatenare un’ira furibonda e quali sono ammantati di piacevolezza. Potreste giocare a farne un dizionarietto! Magari anche lo illustrate. Forse finalmente trovate che… avete ragione entrambi.
Sono come un cristallo, le parole. Alcune, un pugnale, un incendio. Altre, rugiada appena. Segrete vengono, piene di memoria. Insicure navigano: barche o baci, agitano le acque. Abbandonate, innocenti, leggere. Tessute sono di luce e sono la notte. E persino pallide ricordano ancora verdi paradisi. Chi le ascolta? Chi le raccoglie, così, crudeli, disfatte, nei loro gusci puri? ( Eugénio De Andrade, Parole)
E poi il silenzio. La pausa tra le parole. Come una melodia. La paura del silenzio… proviamo ad assaporarlo insieme: “Non maneggio le note meglio di tanti altri pianisti. Ma le pause tra le note – ah, ecco dove sta l’arte”.
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