L’Uno e il Molteplice – F. Errani

da | Feb 14, 2015 | Blog | 0 commenti

L’UNO E IL MOLTEPLICE: La ricerca individuale nel cammino spirituale

C’è stato un tempo, probabilmente molto più lungo di quello che noi moderni immaginiamo, in cui l’essere umano ha percepito il sacro attraverso la vastità del Molteplice. Sacro, Sconosciuto, Origine, Spirito… nelle sue diverse forme, diventava lo Spirito della Montagna, quello delle Acque  e delle Fonti, degli Alberi e della Vegetazione, degli Animali… percepire lo Spirito nelle sue varie forme di Manifestazione è stata la prima grande forma di connessione dell’umano con il Tutto….

Noi lo chiamiamo animismo, o paganesimo – là dove questa percezione ha cominciato a creare immagini di dei e dee per dare una forma attraverso la quale onorare e venerare questa Energia Sconosciuta che pervade ogni cosa. Lo chiamiamo in tal modo e in qualche misura lo giudichiamo infantile, ingenuo – inferiore alle visioni spirituali successive.

In realtà questa forma di connessione ha accompagnato l’uomo per migliaia e migliaia di anni, permettendogli di sentirsi parte di questo Mistero, di riconoscerlo in ogni cosa vivente, dalle rocce al volo degli uccelli, dalla forma delle nuvole alla potenza dell’energia della terra. Perché quando si attiva tale percezione ogni cosa appartiene al vivente, ogni cosa ha una sua anche se diversa forma di “coscienza”, diversa da quella umana ma in qualche modo intuibile, anche solo attraverso un piccolo lampo di silenzio.

Già allora in ogni caso l’uomo era consapevole che tutte queste variegate forme del Molteplice erano strettamente connesse, intrecciate, dialoganti ad un livello più profondo che le univa tutte (noi oggi parliamo di Campo…): la visione che permetteva e animava questa realtà era quella analogica. Dal giallo dorato del Sole, alla purezza dell’oro, alla ricchezza del grano, lungo vibranti catene analogiche l’uomo ritrovava il Grande nel Piccolo, e viceversa.

Poi l’uomo ha fatto un salto di consapevolezza, che però allo stesso tempo è stato deviato dalla sua purezza originaria. L’uomo ha percepito direttamente l’Uno, e ha creato un Dio unico, da cui deriva la molteplicità. Anzichétanti dei, tante immagini, tanti simboli, un Dio Unico che è stato posto nell’alto dei Cieli. La potenza mistica dell’Uno è grande, e ha visto la creazione successiva della grandi religioni monoteiste, con tutte le loro derivazioni.

Cosa strana, questa. L’Uno è per sua stessa definizione, unico. L’Uno non può non manifestarsi con uguale sollecitudine, benevolenza, abbondanza, gioia, scoperta, vitalità, in tutto ciò che è creato: dalla più piccola scaglia di roccia all’Himalaya, dallo stagno agli oceani, dal verme d’acqua al leone, ogni forma vivente non può non essere parte in qualche modo dell’Uno. Allo stesso modo ogni popolo, ogni razza, ogni essere umano. L’Uno è Totale, è in tutto ciò che è. Eppure noi umani siamo stati in grado di creare un Dio diverso per i diversi popoli. Un Dio vendicativo, geloso del “suo” popolo, iroso, folgorante è quello della Bibbia, che è alla base – o tra le basi –  di tutti i monoteismi. Un Dio che si proclama Unico ma elegge un popolo a suo prediletto, abbandonando tutto il resto del Molteplice alle sue ire o alla sua misericordia. Strana, strana creatura questo Dio che i monoteismi – già il plurale rende ridicola la parola – hanno creato!

Eppure, anziché riuscire a riderne, e a recuperare il ben dell’intelletto e del cuore, gli umani grazie a questi tanti monoteismi che hanno frantumato l’Uno e se lo stanno tirando qua e là come una coperta stretta, hanno ucciso, combattuto, si sono sentiti e si sentono superiori agli altri che non venerano lo stesso Uno su cui loro hanno posto il copyright.

Come è potuto accadere? Come mai una percezione così bella, potente, mistica – la Vibrazione dell’Uno che sottende il Molteplice – ha potuto essere oggetto di tali distorsioni? Ed esserlo ancora, se è per questo, per ogni religione conclamata che si è andata codificando?

Quando l’uomo percepiva il Molteplice e attraverso di esso l’Uno, l’Inesprimibile, che tuttavia non veniva venerato direttamente ma attraverso le sue infinite variegate stupende forme, lo faceva attraverso il suo corpo. La mente e il corpo erano ancora molto connessi, e il corpo “sapeva” di essere parte di questo Tutto, la spiritualità passava attraverso la Madre, attraverso la Terra. Il Molteplice si creava e manifestava nella realtà della Terra, Madre di ogni forma vivente. Una sacralità quasi fisica quindi, mediata dal corpo, dall’intuizione e dalla percezione. Una modalità, per usare i termini di oggi, “femminile” della psiche – al di là di essere uomini o donne. Sentire il corpo a quel modo voleva dire tante cose: voleva dire riconoscere il sacro nel corpo dell’animale che uccidevi per mangiare: quindi onorare il suo spirito con un rituale, quando lo colpivi a morte; voleva dire onorare lo spirito delle acque e del fuoco, prima di usarli a qualsiasi scopo; voleva dire riconoscere il bisbiglio delle fronde della quercia o del larice, e sapere che non era solo il refolo di vento che creava quel sussurro, ma che c’era anche la canzone dell’albero, e che forse a volte insieme albero e vento stavano dicendo qualcosa proprio a te. Come lo diceva il tasso che tagliava il sentiero rapidamente a pochi passi, sparendo nel folto del bosco, o la grande aquila che vedevi volare in ampi cerchi esattamente sopra la tua testa, nella cupola azzurra del cielo.

Percepire l’Uno è stato un salto di coscienza. Nella percezione del Molteplice, nella connessione femminile con la Terra Madre, l’essere umano non era ancora un individuo. Individuo, indiviso. L’uomo nel molteplice era parte del Tutto, la sua stessa coscienza era sparsa nella vastità della sua realtà, la tribù, il territorio, la caccia, i segni… L’”io” era condiviso.

L’istanza della coscienza di sperimentare l’io individuale si è coniugata con il salto di coscienza della percezione dell’Uno, dell’Immanifesto, al di là e dietro ogni forma di molteplicità. Una tensione verso l’alto, uno slancio dell’energia lungo la verticale, un fremito lungo la spina dorsale, il corpo che si raccoglie. La verticalità proietta questa percezione in un Altrove, in Alto, la verticale sale in alto e fora il cielo e abita il Cielo, quello vastissimo, quello dove abita lo Sconosciuto, o meglio dove l’uomo lo “fa” abitare. D’altra parte, la Terra è già abitata dal Molteplice, colorato, vibrante, fremente, mutevole, trasmutante, eternamente rinascente. La Terra si estende con il suo orizzonte ricurvo, ma piatto, nella vastità dei campi e delle terre, nella infinità delle sue acque rilucenti e colme di pesci d’argento.

L’Io di me, di me singolo, di me individuo indiviso, ha bisogno di altri regni e di altri spazi. Si connette all’Uno nello Spazio vasto del Cielo Eterno, e si anima, lì, di un altro respiro. Altri bisogni emergono. L’io, il tu si fanno più netti, più separati – d’altra parte ho alzato la mia energia lungo la verticale, distogliendone quindi una quota dalla connessione alla Terra, alla Madre.

La Madre è qui, è sempre disponibile, è spontaneamente fertile e sfacciatamente abbondante; il Padre è distante, riserva i suoi doni con parsimoniosa attenzione, seguendo regole che diventano sempre più particolari e stravaganti. Poiché non abita la Terra, questo Dio che abita così in Alto non si fida: deve dettare molte regole, fissare comportamenti, abitudini alimentari; deve dire come vestirsi e pregare e fare l’amore. Lui, da Lassù, non lo sa. Forse. Ma coloro che si pongono come interpreti del suo volere fanno a gara a porre sull’uomo una serie di comandamenti che sempre più separano l’uomo dalla donna, gli esseri umani dalle altre creature viventi e da tutto il resto. La roccia non vibra più della Sapienza dell’Eternità. Giace priva di coscienza, può essere scavata e cavata senza alcun problema. Il Dio, poi, questi interpreti l’hanno creato forsennatamente appassionato degli umani, tanto da averli fatti a sua immagine e somiglianza – o comunque prediletti su tutte le altre creature; ecco allora che anche tutto il regno animale sprofonda in una vaga incoscienza, in una animalità che lo rende lontano e diverso dall’uomo-immagine-di-Dio,  quindi questi animali incoscienti e privi di anima possono essere uccisi senza tanti rituali (se non quando vengono sacrificati al Dio, ma il rituale è per lui appunto); possono essere allevati brutalmente, in spazi e situazioni sempre più grevi e inadatti. Tutto il Creato diventa dominio dell’essere umano. La verticalità prevale sull’orizzontale, il maschile sul femminile; sparita la consapevolezza che maschile e femminile appartengono a entrambi, uomini e donne, ora gli uomini e le donne si specializzano; forse i compiti erano suddivisi anche prima, ma non la percezione della ricchezza psichica di entrambi i sessi. Ora il Dio ha creato molti peccati e, poiché la colpa non piace a nessuno, la soluzione appare semplice: la colpa è della donna che, a quel punto dell’evoluzione, diventa la creatura tentatrice, colei che ha provocato la caduta dell’essere umano e la separazione dal Dio. Creatura potentissima dunque, cui in fondo l’uomo è sottomesso – perché è stato obbedendo a lei che lui ha peccato! Potentissima e debole al tempo stesso…

Il salto di coscienza verso l’Uno è stato un passaggio indispensabile per la ricerca della individualità, per gli uomini e per le donne – per la parte maschile della psiche di uomini e donne. Ma il Dio che è stato creato dagli esseri umani dopo la percezione dell’Uno è talmente distorto che in nome suo si sono fatti tanti danni, e ancora se ne stanno facendo. Esistono diversi “monoteismi”, e ciascuno si arroga il diritto della Verità. Ciascuno giudica e disprezza gli altri; quando va bene, si cercano strade di “tolleranza” – parola che sottintende che “io” mi sento superiore, tuttavia, nella mia saggezza illuminata, “tollero” anche la tua verità, ovviamente in realtà inferiore alla mia!

Come è potuto accadere? Come mai l’esperienza dell’Uno, fonte di tale Bellezza, di tale inesprimibile gioia, gratitudine, potenzialità, mistero, ricchezza, si è trasformata nel gioco penoso dei monoteismi, del fanatismo, dell’assolutismo, delle teocrazie?

L’esperienza spirituale è intima, unica, privata; accade molto spesso “per caso”, inaspettatamente. Ti lascia estatico, tremante, grato. Avresti voglia che accadesse di nuovo. Non sai bene come è successo; forse l’hai cercata meditando, digiunando, ritirandoti nel deserto – queste sono state per secoli le modalità di ricerca del contatto con l’Uno. Poi, su questa esperienza, si cerca di fondare una cerchia di persone; un gruppo; una struttura; una comunità; una Chiesa. Ecco. Colui o colei che ha vissuto la prima esperienza cerca di trasmettere agli altri i passi che ha compiuto per arrivarvi, nella certezza che in qualche modo si tratti di una “formula” che, se ripetuta con costanza, fede, umiltà, porterà anche gli altri agli stessi risultati. Il che può anche essere vero, ma ha un limite: uccide la spontaneità della ricerca diretta, unica e individuale. Crea delle regole. Crea un controllo. Annacqua l’esperienza, ad ogni passaggio da discepolo a discepolo… Lo Sconosciuto Inesprimibile dell’Uno diventa il Dio della Chiesa che, come qualsiasi struttura umana, si regge su forme di potere. Su una gerarchia che, dimentica della sua dimensione sacra, sempre più crea regolamenti, dogmi, comandamenti che servono al “suo” mantenimento più che alla dimensione dell’Essenza.

L’Essenza si manifesta gratuitamente a chiunque, nelle circostanze più stravaganti, attraverso i riti o la mancanza di riti, attraverso il ballo, durante una passeggiata in montagna, mentre guardi tuo figlio neonato, mentre guidi l’automobile e un istante prima stai pensando che devi ricordarti di pagare la bolletta del telefono… ed ecco che l’Essenza arriva, ti piove addosso, ti accende di colori e di risate, ti commuove e ti squassa, ti fa diventare filo d’erba e cavalletta, spuma di mare e sasso, ti percuote e ti rialza, ti solleva come onda di liquido cristallo. La chiamano Grazia. E’ assolutamente, totalmente, inevitabilmente gratis!

Non ha bisogno di intermediari – sacerdoti o guru o channeler che siano; non ha bisogno di passi prestabiliti, anche se a volte averne la cognizione può aiutare; non ha bisogno di chinarsi sotto il peso delle colpe, non ha infatti bisogno di colpe, di fustigazioni, di digiuni e di dichiarazioni di essere un povero peccatore. L’Essenza, lo Sconosciuto, la Grazia piove su ogni cosa ininterrottamente e non aspetta altro che di essere ricevuta, accolta, accettata.

Ovvio che alle Chiese, di qualsiasi colore dimensione e forma, tutto questo non poteva andare bene. L’essere umano libero di accogliere il Divino così, gratis, e per conto suo? Senza seguire i miei dettami, senza pagare oboli e prebende, senza rituali, confessioni, genuflessioni, stordimenti, processioni, flagellazioni, digiuni, ramadan, letture sfinenti di libri antichi pieni di contraddizioni che però guai a dirle? Un essere umano libero dalla paura del Dio che io ho messo nei Cieli, così in alto, così distante e inaccessibile, che solo io ne ho la Vera Conoscenza, solo io posso guidare i tuoi passi, solo io possiedo le chiavi per serrare e disserrare il tuo cuore, affinché si apra nel modo giusto, che è quello che dico io? Un essere umano libero dalla paura della Morte? Perché è chiaro, io che ho le chiavi di Dio ho anche le chiavi dell’Al di Là, dell’Inferno e del Paradiso, dell’Eden e dell’Ade, di tutti i Regni invisibili dove le anime andranno comunque, ma si salveranno solo se avranno seguito i miei comandamenti. Che poi ogni “monoteismo” abbia creato regole diverse, assurde, con un Dio che di volta in volta si occupa di come mi vesto, di come mi taglio o non taglio i capelli, di cosa mangio o non posso mangiare o di come e quando debbo digiunare, di come faccio l’amore con la persona amata, di quali pensieri posso avere o non avere, beh il paradosso, la ridicolezza di tutto questo non viene in mente a nessuno, anzi viene tutto preso molto, molto, molto sul serio. Troppo. Questo Dio non ride mai. Tanto che in suo nome si uccide; si scrivono preghiere sui missili-bomba affinché uccida bene gli “altri” e anche i bambini degli altri se è per quello (ma non è l’”Uno”? L’Inesprimibile Fonte di ogni realtà? Quindi anche di quell’altro popolo che voglio distruggere?). In nome di questo Dio che ha finito per avere tanti nomi e non essere affatto Uno ma Molteplice ma nel senso peggiore del termine, si è creata una separazione sempre maggiore tra gli uomini, e tra gli uomini e le donne.

Certo, le varie Chiese hanno anche fatto e fanno del bene; si occupano della povertà, della disabilità, dell’abbandono. Questo è innegabile. Purtroppo anche questo buon frutto è un po’ avvelenato: ti curo certo, ma anche ti propongo-impongo la mia visione del Dio; giudico la tua eventuale diversa religione inferiore e, se va bene, la tollero con magnanima paternalistica superiorità. Quasi senza rendermene conto sminuisco la tua diversa cultura; ti induco ad abbandonare i tuoi culti, che non comprendo e non voglio conoscere. Ti plasmo. Ti modello. E mi sento tanto, tanto buono.

Rivendico una “spiritualità laica”. L’ossimoro può far sorridere, ma contiene molte cose. Intanto distingue la spiritualità (dono, diritto, essenza naturale e intima di ogni creatura umana e non solo) dalla religione (il contenitore o meglio i tanti contenitori che gli umani hanno creato usando e abusando del potere che il sacro comunque crea attorno a sé); con la parola laico rivendico la possibilità della appartenenza al popolo (laos), alla gente, a me, a te, e non al clero di qualsiasi religione, della ricerca spirituale: individuale quindi, silenziosa, riservata, intima; rivendico che la realtà dell’esperienza singola non necessariamente deve creare culto, regola, steccato, commercio; e coltivo anche la speranza di uno Stato laico che si mantenga chiaramente, coraggiosamente, rettamente separato dalle diverse forme di religione e non diventi succube delle strutture di potere legate inevitabilmente a TUTTE le religioni dichiarate.

L’esperienza dello Sconosciuto può nascere in mille modi e, peraltro, è molto più elegantemente semplice di quanto pensiamo, se solo ci liberiamo dalle sovrastrutture che attorno ad Esso sono state create nel corso dei secoli, per ragioni principalmente di potere e di controllo. Anche quando agisci, anche quando pensi, vi è un centro di Silenzio e di Calma dentro di te, un Fiume sotterraneo che inesorabilmente ti porta in contatto con l’esperienza dell’Inesprimibile che è già in te, da sempre.

Riunire l’esperienza verticale del Cielo con quella orizzontale della Terra è il compito che ci attende ora. Molti movimenti sono nati negli ultimi decenni, che ci spingono a riportare l’attenzione alla Terra, così trascurata dai monoteismi. L’ecologia; il recupero di visioni spirituali legate alla Natura, come quelle dei Nativi d’America o i diversi sciamanesimi; il movimento della “decrescita felice”; la valorizzazione del femminile; le nuove visioni della medicina e della malattia come messaggio e fonte di insegnamento sono tutti aspetti di questo ritorno alla Terra che non possiamo permetterci più di trascurare. Il tema è lo stesso sui diversi livelli della nostra esperienza. Se sul piano fisico l’attenzione ecologica, la comprensione di come la natura non possa più sostenere il ritmo esagerato del nostro uso-abuso delle sue risorse ci aiuta a creare una visione di un ambiente più sano, più pulito, più condivisibile e godibile, sul piano spirituale si tratta veramente della creazione di una nuova dimensione, che riunisce la Ruota Orizzontale (la spiritualità legata alla Terra, al Molteplice) alla Ruota Verticale (la spiritualità legata al Cielo, all’Uno). Queste due Ruote, con pari diametro,  si incontrano in due punti; entrambe ruotano, le due energie scorrono costantemente, il Verde della Terra e il Bianco dello Spirito. I due punti di contatto rappresentano il momento dell’esperienza dell’Inesprimibile in entrambe le sue Forme, che in quel punto si fondono assieme.

Se guardi questa Doppia Ruota dal “davanti”, immaginandoti a 90° rispetto al piano orizzontale vedrai… una croce. Ma questa è una croce di Vita! Di energia eterna e rinnovantesi… Perché invece la abbiamo inchiodata? Per lungo tempo, circa per i primi mille anni del cristianesimo, l’immagine che veniva decorata, divulgata, adorata era quella del Cristo Redentore. Immagine vivificante, ispirante fiducia, certezza, resa gioiosa nelle Mani di Dio. Ma è stata sostituita… Forse la paura permette un maggior controllo rispetto all’amore?

Torniamo a riconoscere il Movimento della Doppia Ruota della Vita… e prendiamo ciascuno in mano il nostro viaggio psico-spirituale, senza avere paura di perderci. Nella ricerca, una certezza: qualora aveste immagini negative, mostruose, dolorose, di sfacelo e dannazione: sono creazioni della vostra mente – e anche questo fa parte del Mistero. L’esperienza dello Sconosciuto è di totale, incredibile, inesprimibile, misteriosa Benevolenza.

Buon Cammino!

 

Copyright Franca Errani 2010. Grazie se citate la fonte, in caso di utilizzo.

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