La Pantera Gialla si aggira nell’oscurità agitando le enormi zampe e ruggendo di gola, in modo basso e pauroso. Si muove in modo cauto ma potente e non c’è dubbio che è davvero terribile e spaventosa. Mia sorella piange e scappa, la Pantera non la insegue. La ignora. Sta puntando me, che mi sono nascosta dietro la stufa di terracotta. L’ingresso è vasto e in penombra e solo un poco di luce filtra dallo studio del nonno. Ma il nonno, lo so, è sordo e non verrà a difendermi. In più ascolta il giornale-radio ed è come se non ci fosse. Ah, Fabia è stata davvero veloce a fuggire, piccolissima, a quattro zampe, nascondendosi nella Foresta! La Pantera avanza, di un Giallo terribile, enorme e altissima. Torreggia e lampeggia, annusa e ringhia. Il cuore mi batte. Nell’oscurità lei ci vede benissimo, in più ogni tanto intravvedo il lampo dei suoi occhi che vedono anche nel buio più nero.
Lo so, lo so dalle scarpe che è la Nonna Valentina. Le sue scarpe un po’ sformate le riconosco e anche quel poco di calze grigioferro che escono dal mantello enorme e peloso e giallo, ma il ruggito cupo e pauroso mi fa battere il cuore. Temo che sia proprio questo mio battito così rumoroso che fa sì che la Pantera ora si avvicini con salti lenti e minacciosi… debbo resistere! Lo SO che non è una vera Pantera! Eppure non ce la faccio e comincio a strillare, la Nonna abbassa il bavero enorme del cappottone giallo e gli occhi chiarissimi brillano di gioia dietro le lenti – quelle che lampeggiavano prima nell’oscurità, e mi abbraccia e mi rassicura che quella cattiva Pantera Mangiabambini non c’è più. Ridiamo insieme. Il mantello giallo ritorna un cappotto, e mentre lasciamo l’oscurità dell’ingresso e andiamo verso la cucina dal grande tavolo di marmo chiaro, ci teniamo per mano e anche Fabia sbuca da non so dove, forse dalla Foresta Incantata che sta dopo l’ingresso, nella sala da pranzo dove non si va quasi mai. La Foresta è protetta da un lago anch’esso incantato, lucido di cera, scuro come marmo nero. In fondo alla sala c’è l’Albero di Natale, con le sue lucette.
Nonna Valentina è soddisfatta: “Ora facciamo merenda”, dice.
Eccola, la magia di un dono di Natale. Un’anziana signora, direttrice di Scuola, compassata, dignitosa, precisa, nota per la sua severità e cultura, sempre con un sottile filo di perle al collo e gemelli color tortora, che non ha mai giocato prima di allora, e che all’arrivo delle nipotine si inventa La Pantera Gialla e si infagotta in un vecchio cappottone color giallo senape, ci coinvolge, ci spaventa e ci fa ridere. L’inflessibile Professoressa, terrore dei suoi alunni!
Io non ricordo se ci fossero anche altri doni – quelli portati da Babbo Natale, ma la Pantera Gialla la ricordo sì, con tutte le emozioni e soprattutto con quell’ondata di amore che poi, durante la merenda, l’anziana nonna sparava da quei suoi occhi cerulei protetti dalle lenti, il cui bagliore, a starci attente, aveva ancora i guizzi della giungla.
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