Leggo questo termine impegnativo, “Sindrome” su un quotidiano che spiega tutti i sintomi che affliggono le persone al rientro dalle vacanze.
Secondo me dovremmo stare più attenti alle parole.
La parole “sindrome” appartiene al disagio, o meglio alla patologia. Usare questo sostantivo per definire il rientro da un periodo di stacco, di riposo, di vita diversa, sovrappone una visione di disagio psicologico a un evento che comunque ha valenze positive di vario tipo.
Le parole-trappola
“Sindrome” è una delle tante parole-trappola di questo secolo super-psicologizzato. Ci sono tante ragioni per questa invasione della psicologia in ogni ambito della vita: la frammentazione sociale, il venir meno di tradizioni consolidanti – religione, stato, valori etici condivisi – e quindi un bisogno dell’individuo, sempre più “unico” ma anche “solo”, di un certo tipo di sostegno.
Dal nostro stato di salute alle nostre relazioni, dal nostro modo di comunicare alle competenze genitoriali, tutto ormai è filtrato dall’esperto quando non anche dalle istituzioni. La parola “sindrome” fa parte del pacchetto.
Il banale problema del rientro alla vita normale dopo lo stacco di una vacanza (voluta, prenotata, pagata) viene circondato da un’aura problematica, con relativi consigli di integratori, meditazioni, respirazioni e così via.
Oggi che le paure collettive sono aumentate, il bisogno di medicalizzare aree della nostra vita, affidandoci all’esperto è aumentato parallelamente.
Ovviamente non voglio negare che nel passato molti disagi venivano ignorati o sminuiti. E che un’attenzione alla propria psiche – anche al rientro dalle vacanze 🙂 – sia utile per gestire i cambiamenti in modo equilibrato. Ma, per favore, non creiamo la definizione “Sindrome da Rientro”!
La psicologia dello sviluppo e quella della vulnerabilità
Se torniamo agli anni ’60-’70, la visione psicologica trionfante era quella dello “sviluppo del potenziale umano”: una visione ottimistica dunque, una via per conoscersi, uno strumento di esplorazione e di crescita del singolo e quindi anche – sempre in visione costruttiva – della società cui l’individuo potrà contribuire al meglio della sua personalità.
Lentamente però, questa visione è stata affiancata da un’altra che puntava l’attenzione molto di più alla vulnerabilità psicologica. Il rischio è che la persona inizi a vedersi quasi esclusivamente attraverso la lente della propria vulnerabilità, osservando più attentamente le problematicità della propria vita – tipo il rientro dalla vacanza! – generando in se stessa un senso di debolezza diffusa e di fragilità… che naturalmente non fa che aumentare il bisogno di sostegno più o meno terapeutico.
Soluzioni?
Allora? Alziamo gli occhi, ammiriamo un bel paesaggio o un quadro, ascoltiamo una musica che ci ispira, leggiamo pagine di autori che amiamo, facciamo una passeggiata, gustiamo un buon sorbetto o altra piccola delizia; chiacchieriamo con un amico, impariamo a sorridere e a ridere – anche di noi stessi.
E magari facciamo un bel brindisi con un calice di vino rosso! (a vostra scelta: gli è che volevo collegarmi all’immagini dei bei grappoli d’uva, scattata pochi giorni fa sulle dolci colline di Sarna).
A tutti noi: Buon Rientro dalle Vacanze!
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Franca Errani
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