Tema:
Cos’è per te la felicità?
Svolgimento
Allora, per me la felicità è una cipolla.
Cioè, forse una cipolla proprio no ma come una cipolla sicuro sì.
Il fatto è che la felicità e la cipolla condividono certe caratteristiche ontologiche fondamentali.
E’ molto probabile che alla fine di questa lettura -quando in futuro v’imbatterete in una cipolla- vi sorga il dubbio (fondato) se quella che state vedendo non sia invece una felicità. E viceversa.
-Marco, sono stata al mercato oggi: c’erano certe felicità rosse di Tropea che, te lo giuro, erano troppo belle.
Il corsivo appena riportato sono le parole testuali di una signora cui ho fatto leggere settimana scorsa la minuta del tema qui presente.
Innanzitutto, la funzione della cipolla non è quella di nutrire di per sé ma di insaporire i cibi.
Ci sono certe cose -normalissime e quotidianissime a dire il vero- che con un soffritto a base di cipolle acquistano corpo e armonia e sapore. Cose dal gusto incerto o instabile o insicuro, che si ravvivano con la presenza di una cipolla.
Un’insalata senza cipolle crude è pur sempre un’insalata, ma mettici qualche pezzetto di cipolla e diventa un’altra cosa. E l’insalata di patate con le cipolle? C’è qualcosa di più normale e quotidiano delle patate? Ma non è la patata a dare la felicità, per quanti doppi sensi si vogliano sprecare a riguardo.
Quindi, la prima proprietà della cipolla è esaltare il gusto già insito nelle cose normali, aggiungendoci “un non so che” attraverso il quale la sua presenza si giustifica pienamente e, anzi, diventa irrinunciabile.
Questa caratteristica, invero, la cipolla la condivide con altri alimenti. Per esempio, le spezie.
Ma le spezie non sono la felicità e il tema non è finito.
La cipolla fa piangere.
Quando la tagli e la sezioni e la sminuzzi in cubettini piccolissimi, che non si capisce più quello che è: stai pur tranquillo, c’è qualcuno in un angolo della cucina che si sta asciugando le mani con uno strofinaccio o con un lembo della camicia o con il dorso della mano o -nel caso si tratti di un esperto- con il dorso dell’avambraccio. Insomma, ci sono lacrime in giro dovute al fatto che, semplicemente, ci si è avvicinati troppo alla cipolla. Si è stati troppo lì a tagliuzzare con coltellacci spietati. E cosa fa la cipolla in questi casi? Ti sale nel naso, cerca rifugio negli occhi, cola nelle lacrime. La verità è che bisogna sempre tenersi ad una certa distanza dalla cipolla quando la si seziona o essere pronti a non fare un gran casino se si piange quando la s’incrocia troppo da vicino. Se poi qualcuno vi dice:
-io posso tagliare quanta cipolla voglio: arrivarne al cuore, capirne l’essenza, senza per questo piangere come un vitello.
Beh, vi assicuro che mente. Non succede.
E se succede, è solo perché quella persona non è più in grado di piangere, non perché la cipolla non gli faccia effetto. Stiamo parlando di due cose diverse e distinte. Trattasi, in questo caso, di persone molto brutte e cattive. E se non siete d’accordo andate a fareinculo lontano dal mio tema.
Certo, in fin dei conti anche un pugno sul naso fa piangere. Anche riconoscere la propria donna con indosso solo una mascherina dorata quando si è lì annoiati a spiare certi siti per adulti fa piangere. Anche vincere una medaglia alle Olimpiadi fa piangere.
Ma nessuna di queste cose è la felicità. E le medaglie hanno sempre un’altra faccia.
Perciò…
La prova finale è comunque data dalla terza caratteristica della cipolla, che ho lasciato alla fine del tema perché quando si fa un tema, la parte delle conclusioni deve essere sempre quella più a effetto. Se non ci credete, chiedete a mia mamma che lei mi ha dato sempre un sacco di dritte sui temi.
La cipolla ha un sacco di sfoglie.
In dialetto si dice che “a capa è na sfoglia e cipoll” per sottolineare la fragilità dell’equilibrio mentale stesso: basta una cosa anche minima et voilà! eccolo volar via dritto nel sacchetto dell’organico.
Ma questo non ci interessa più di tanto: la testa non è la felicità -come è noto.
Infatti, la testa è solo una sfoglia della cipolla, non la cipolla per intero. Non confondiamoci, eh.
Dunque, la cipolla ha un sacco di sfoglie. Nessuna di queste sfoglie è la cipolla stessa eppure tutte le sfoglie insieme contribuiscono a creare l’entità della cipolla.
Una cipolla senza una sfoglia è ancora una cipolla. Una cipolla senza due, pure è ancora una cipolla. La domanda da farsi è allora la seguente:
Quante sfoglie si devono togliere ad una cipolla prima che essa stessa non sia più se stessa?
L’inverso di questo problema era molto caro agli stoici, mi sembra, i quali erano soliti chiedersi:
“quand’è che aggiungendo un chicco di grano ad un altro si ottiene, finalmente, un mucchio?”
O qualcosa del genere, non è che è proprio importante fare citazioni precise a prova di bomba. Ma comunque, le citazioni sono una parte importante in un tema e non vanno mai sottovalutate, come dice mia nonna che ha insegnato a fare i temi a mia mamma.
Nel nostro contesto, la domanda suonerebbe più o meno così:
-Pur rinunciando ad un sogno, la nostra felicità esiste. E forse, sopravvive pure se rinunciamo ad un secondo sogno. Ma in buona sostanza a quanti sogni si può rinunciare conservando la speranza di rimanere felici?
Si può fare questa domanda usando tante altre cose ugualmente “ad effetto” a dimostrazione incontrovertibile del legame esistente tra questi due enti. Si può usare: speranze, desideri, progetti, attimi, un sacco di cose. Per esempio, verrebbe fuori una cosa tipo:
Ma in buona sostanza a quante speranze si può rinunciare conservando la speranza di rimanere felici?
Che, mi sento di dire, è una frase che fa comunque la sua figura.
Secondo me, però, è meglio fare questa domanda con “i sogni”, perché se la felicità è davvero una cipolla, allora le sfoglie sono proprio i sogni.
E se per caso adesso state piangendo un po’ o ridendo un po’ che sono due cose distinte ma alle volte anche no, allora stasera consiglierei una testa d’aglio così non ci pensate più e se ne parla domani. Inoltre, dice che l’aglio mantenga bassa la pressione oltre ad avere risaputi poteri contro i vampiri.
Pietro Negri (detto Piero)
V E
PS.
Nei temi non si mette il post scriptum ma diciamo che qui dove mi trovo ormai, godo di certe licenze e privilegi.
Scherzi a parte, il “ps” era per dire: non dimenticate di risponderVi alla domanda fatta qualche riga più in su che riporto qui per comodità: “Ma in buona sostanza a quanti sogni si può rinunciare conservando la speranza di rimanere felici?” che anche se alla fine la felicità non è proprio una cipolla, questa domanda vi aiuta a trovarla comunque.
Qualunque cosa sia.
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